Il Muro di Berlino (Berliner Mauer) - simbolo duraturo della divisione ideologica e politica della Guerra Fredda - non solo attraversava il cuore di Berlino ma circondava anche la parte occidentale della città, separandola dallo stato confinante del Brandeburgo. Lungi dal voler raccontare in maniera esaustiva la determinante parentesi di storia che va dal 1961 al 9 novembre 1989, resta comunque opportuno ricapitolare per sommi capi quella che è stata la storia del Muro: ci sarà occasione - tra le pagine di questa guida - di approfondire ogni argomento qui solamente accennato.
La costruzione del Muro di Berlino iniziò nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 con l'obiettivo dichiarato di bloccare l'emorragia di cittadini che da Est desiderava stabilirsi a Ovest della città: la propaganda sovietica non poteva tollerare questa protesta silenziosa e involontariamente manifesta. L'idea era quella di creare una barriera fisica che isolasse Berlino Ovest - una parte della città controllata dagli Alleati occidentali (Repubblica Federale Tedesca, BRD) - dal resto della Germania Est (Repubblica Democratica Tedesca, DDR), una nazione socialista sotto l'influenza sovietica.
Era questo un periodo storico complesso per le potenze del Patto di Varsavia: le ribellioni popolari - come in Ungheria nel 1956 - sommate all'ormai certezza che un'economia socialista non potesse garantire gli stessi risultati di una gestione di stampo occidentale, mettevano forte pressione sui governi dell'est Europa. Tra il '49 e il '61 circa 2,6 milioni di cittadini della Germania Est si rifugiarono ad Ovest - prevalentemente lavoratori specializzati e accademici - creando un enorme problema di credibilità internazionale per il governo: questa questione doveva essere risolta.
Il promotore della costruzione di un muro fisico fu Walter Ulbricht, all’epoca Segretario del Partito Socialista e capo del Consiglio di Stato. L’idea incontrava riserve da parte degli alleati sovietici, inoltre destava preoccupazione l’ingente costo in termini di materiali e manodopera: si era stimata una spesa di 16 milioni di marchi in un paese in grossa crisi economica, dove il costo di un panino farcito era di circa un marco. Alla fine la volontà di Ulbricht prevalse e il muro fu approvato nella primavera del 1961: fu costruito nel mese di agosto e fu battezzato Antifaschistischer Schutzwall, ovvero muro di protezione antifascista.
La struttura di confine variò diverse volte nel tempo, ma in generale era composta da alte pareti di cemento - una inizialmente, due parallele in un secondo momento - difese da filo spinato, fossati antiveicolo, torri di sorveglianza e sensori di movimento. Naturalmente le conseguenze umane ed emotive per i berlinesi - e per la popolazione tedesca nel suo insieme - furono enormi: la separazione fisica imposta da questa barriera invalicabile spezzò famiglie e privò le persone della libertà di circolazione. Fu solo il 9 novembre 1989, con la caduta del Muro di Berlino, che finalmente le barriere fisiche furono abbattute: la città di Berlino e la regione di Brandeburgo poterono infine ricongiungersi.
Il numero di vittime totali della sorveglianza di confine è stimato tra le 140 e le 200 persone: è molto frequente trovare lungo il percorso dei memoriali a ricordo dei caduti. Il viaggiatore che percorre il Mauerweg si troverà costantemente sospeso tra due opposte sensazioni: da un lato la percezione di visitare una parte di mondo che fu al centro di eventi epocali. Dall’altra, curiosare discretamente da una porta sul retro per trovarsi immediatamente catapultato nella sfera privata dei berlinesi e - purtroppo - constatare come la storia e la politica internazionale abbiano avuto un impatto tangibile e doloroso sulla vita quotidiana dei singoli.
Molte delle fughe da Berlino Est verso Berlino Ovest non avvennero propriamente attraverso il Muro ma in altri punti del confine più facilmente valicabili, ad esempio nei pressi dei corsi d'acqua o in zone campestri lontano dalla città. Nonostante questo, qui si racconta esclusivamente di chi riuscì a superare le vere e proprie pareti in cemento della barriera, apparentemente insormontabili. Sono inoltre volutamente omesse da questo sintetico sommario anche le fughe organizzate dietro pagamento in denaro.
I numeri stimano che - lungo il confine cittadino - ogni venti fughe solo una avesse successo. Malgrado questa sconfortante statistica, per tutto il periodo di divisione della città gli abitanti di Berlino cercarono di valicare il muro. Nel linguaggio della DDR gli aspiranti fuggitivi venivano chiamati "Sperrbrecher", ovvero quelli che spezzano la barriera. In caso di successo, i fuggiaschi venivano classificati come "Republikfluchtiger", termine che può essere liberamente tradotto con disertori della Repubblica.
Le fughe più comuni erano quelle via terra: il fuggitivo doveva arrampicarsi sulla barriera interna, attraversare la terra di nessuno e infine arrampicarsi sulla seconda barriera, quella sul confine. La terra di nessuno costituiva un pericolo enorme: ben illuminata, spesso minata e dotata di rilevatori sonori di movimento, sempre ricoperta di filo spinato e costantemente sorvegliata da guardie - posizionate ogni 200 metri - che avevano l'ordine di sparare a vista. Evitare la cosiddetta striscia della morte era prioritario e per questo motivo molte persone cercarono metodi alternativi di fuga: a nuoto dove confine coincideva con le vie d’acqua, oppure scavando tunnel per passare sotto alla barriera, o addirittura volando sopra il confine.
Tra queste ingegnose storie di successo, è giusto ricordare che la prima vittima del muro fu proprio una persona che cercò di fuggire dall'alto: Ida Siekmann - che viveva a ridosso del muro, in un appartamento al terzo piano di Bernauer Straße 48 - cercò di saltare oltre la barriera morendo nella caduta.
Nei primi mesi del muro un uomo riuscì a fuggire semplicemente lanciando la sua automobile alla massima velocità attraverso un checkpoint: per evitare che questo episodio potesse ripetersi in futuro, ai varchi di frontiera furono installate sbarre metalliche. Malgrado questo, viene riportato il caso di quattro persone che scapparono con un'automobile dall'assetto ribassato modificata per la fuga: parabrezza e tetto furono progettati per sganciarsi urtando la sbarra. Il veicolo riuscì a passare il confine e i quattro passeggeri - accucciati ai piedi dei sedili - oltrepassarono indenni il muro a tutta velocità.
Tra le fughe memorabili merita una menzione quella delle famiglie Strelczyk e Wetzel, narrata anche in due film: Night Crossing del 1982 e Balloon del 2018. Le due famiglie, un totale di 8 persone, lavorarono a lungo e in gran segreto alla costruzione di una mongolfiera che permise loro di volare fino a duemila metri di altitudine - temperatura 8 gradi sottozero - e infine atterrare in sicurezza nella Germania Ovest.
Nel 1963 il circense Horst Klein pianificò la fuga sfruttando le sue abilità e un cavo dell’alta tensione che passava 20 metri sopra il muro. Si arrampicò a mani nude e poi camminò sul filo teso fino a passare il confine: cadde poi esausto, rompendosi entrambe le braccia ma senza conseguenze letali, ormai al sicuro oltre confine.
Nel 1983 Holger Bethke riuscì a fuggire dal quartiere di Treptow costruendo una grossolana funivia: scagliò una freccia legata ad un cavo d’acciaio che raggiunse il palazzo dove era appostato suo fratello Ingo, già pronto a mettere in sicurezza la rudimentale struttura. Con l’aiuto di un sedile sospeso si lasciò infine scivolare lungo questa primitiva zipline, scavalcando la barriera.
In totale furono costruiti circa 70 tunnel, 19 dei quali permisero fughe di cittadini DDR. Il tunnel più famoso è il Tunnel 57 - costruito dagli studenti della Freie Universität - che rimase operativo il 3 e 4 ottobre 1964. Questo comitato studentesco prese contatto con circa 120 persone in Germania Est e insieme pianificarono l'evacuazione di massa a partire dal giorno 3 ottobre: i lavori di costruzione furono finanziati con la vendita in esclusiva delle immagini ai principali giornali della Repubblica Federale Tedesca. Purtroppo tra le persone coinvolte c’era anche un informatore della Stasi che si presentò all'appuntamento accompagnato delle guardie di confine. La situazione presto degenerò e uno studente sparò a una delle guardie, ferendola: altri soldati, intervenuti immediatamente dopo lo sparo, uccisero involontariamente il loro collega. A seguito di questo incidente la tensione raggiunse l'apice e gli studenti interruppero l’operazione, dopo aver fatto passare il confine a 57 cittadini dell’Est.
Anche degli italiani furono coinvolti nella fuga da un tunnel: Joachim Rudolph - fuggitivo di Berlino Est - nel 1962 ingaggiò un gran numero di volontari per scavare nell’arco di pochi mesi un tunnel che si collegasse a uno scantinato di Berlino Est. Tra questi volontari figuravano anche gli italiani Domenico Sesta e Luigi Spina e da questo tunnel - finanziato dalla NBC in cambio dei diritti di diffusione delle immagini in diretta - scapparono 29 persone prima che si allagasse diventando impraticabile.
Quando cadde il Muro di Berlino si consumò un acceso dibattito su come assicurarsi che questa esperienza non venisse dimenticata. Furono prontamente eretti memoriali - come quello famosissimo di Bernauer Strasse o la East Side Gallery lungo il fiume Spree - ma con il tempo i tedeschi sentirono il bisogno di creare qualcosa che li aiutasse a convivere quotidianamente con il ricordo del Muro. E per un berlinese la quotidianità corrisponde - molto spesso - a zaino, bicicletta e aria aperta.
Il senato di Berlino mise in agenda la realizzazione del Berliner Mauerweg - il Cammino del Muro di Berlino - e l'opera fu completata tra il 2002 ed il 2006. Oggi il percorso è una via ciclopedonale di circa 160 chilometri segnalata da cartelli che seguono il tracciato del muro originale: molto spesso si passa proprio nella “terra di nessuno” - tra il muro e il confine - oppure lungo i camminamenti utilizzati dai soldati di guardia.
In corso d'opera si è reso necessario recuperare zone e superfici che negli anni - quindici per la precisione - erano state destinate agli usi più disparati. Oggi il percorso finito si presenta assai vario: trafficate vie urbane o quiete stradine secondarie, asfalto ciottoli e sterrati, boschi laghi e fiumi così come sonnolenti paesini oppure la caotica Berlino, una vera metropoli.
La birra è senza dubbio la bevanda nazionale tedesca: non esiste città, paese o villaggio che non abbia il suo birrificio locale. Lo stesso vale naturalmente anche per Berlino: per le vie cittadine è difficile ignorare i manifesti che pubblicizzano le due birre cittadine più famose - la Berliner Kindl e la Berliner Pilsner - entrambe in stile Pils ed entrambe di proprietà della stessa azienda, la Berliner-Kindl-Schultheiss. Pur essendo di discreta qualità e dal prezzo incredibilmente economico - una bottiglia da mezzo litro può arrivare a costare 40 centesimi - si tratta di prodotti industriali che nulla raccontano della tradizione brassicola berlinese.
Lo stile storico della città è “Berliner Weiße”, letteralmente la bianca di Berlino: si tratta di una birra a bassa gradazione alcolica - intorno al 3,5% - dal colore lattiginoso e dal gusto marcatamente acido e pungente. Per consuetudine, ma anche per ingentilirne il carattere, viene insaporita con un goccio di sciroppo di asperula che la rende verde acceso oppure con un goccio di lampone, che la rende rosso brillante: nei secoli scorsi era amichevolmente definita lo Champagne del nord.
La Berliner Weiße deve il suo colore chiaro all’utilizzo del frumento, come nelle birre Weizen bavaresi; la sua acidità deriva invece dal fatto che - oltre al lievito - nella sua preparazione sono utilizzati dei batteri lattici chiamati brettanomiceti. Quest’ultimo particolare ne rende la produzione assai complessa, dato che questi batteri sono molto aggressivi e devono essere tenuti ben isolati per non contaminare le altre birre.
Questa tipologia di birra - come molte altre birre storiche in Germania - era pressoché sparita alla fine del XX secolo: imbottigliata solo dalla Berliner-Kindl-Schultheiss, veniva oltretutto prodotta senza l’uso di batteri lattici. La craft beer revolution degli anni 2010 ha interessato anche Berlino: in città sono sorti nuovi birrifici artigianali che oggi propongono nel loro repertorio questo stile storico. Tra questi vale la pena citare Schneeeule - l’unico birrificio con taproom nel quartiere di Wedding che ancora brassa con metodo tradizionale a vasca aperta - e Berliner Berg, produttore di una Berliner Weiße delicata e situato proprio lungo il percorso del Muro, nel tratto tra Plänterwald e Neukölln.
Il Berliner Mauerweg è un percorso pianeggiante adatto a tutti e durante la bella stagione si potranno incrociare numerosi camminatori e ciclisti - da zero a cent'anni - pacificamente impegnati a godersi una boccata d'aria fresca e un tuffo nella recente storia cittadina. Tutto il perimetro si può percorrere con agio in sette giorni camminando, oppure in tre giorni pedalando.
L’inverno berlinese è spesso piovoso, qualche anno anche nevoso e con rischi di ghiacciate. Le ore di luce sono poche - l’alba poco prima delle 09:00 e il tramonto poco dopo le 15:00 - e anche in caso di temperature accettabili l’umidità elevata rende poco piacevole la percorrenza delle zone boscose.
La primavera - tra fine febbraio ed inizio giugno - è caratterizzata da una quantità di luce superiore all’Italia: il sole tramonta dopo le 21:00 già dai primi giorni di maggio. Nei giorni di sole la temperatura è mite - tra i 12 e i 19 gradi - ma l’escursione termica è ancora ampia. Il vento causa repentini cambi di clima e capita spesso che - durante la stessa giornata - si avvicendino sole caldo, pioggia forte e vento gelido nell’arco di poche ore.
L'estate è la stagione migliore in cui partire dato che si può godere di temperature più calde - fino a 30 gradi - e di un meteo più stabile con ridotte probabilità di pioggia. La vicinanza al Mar Baltico - circa 150 chilometri - ricorda che ci possono essere giornate molto fresche anche in questa stagione, e soprattutto improvvisi rovesci. Nei giorni di massima luce il cielo è illuminato fino alle 23:00 e l’alba è intorno alle 03:40: il chiarore mattutino potrebbe rappresentare un problema, e in ogni caso "svegliarsi alle prime luci dell’alba” a Berlino potrebbe essere assai complicato e poco raccomandabile.
L’autunno - dal clima piacevole, con temperature tra i 6 e i 10 gradi - regala colori molto belli ma purtroppo vede la luce diminuire sempre più rapidamente. Le precipitazioni sono generalmente abbondanti ma meno improvvise.
Sorprende quanto nei dintorni di Berlino sia difficile reperire acqua potabile pubblica: le fontanelle della rete idrica cittadina sono presenti solo in alcuni Bezirk (distretti) del centro, sono in funzione solo tra maggio ed ottobre, non sono mappate in alcun modo e l’erogazione è spesso interrotta o sospesa. Fuori città - e nei paesini del Brandeburgo - fontanelle o punti acqua possono tranquillamente considerarsi inesistenti.
Al contempo, l’acqua è la cosa più cara che si possa bere: una bottiglia da 0,75 litri può costare fino a 7 euro! È raccomandabile - se non addirittura indispensabile - procurarsi un'adeguata scorta d'acqua al mattino. L'acqua del rubinetto - abitazioni, bar e hotel - è sempre potabile e in caso di necessità non è motivo di vergogna chiedere acqua alla gente del posto, che sarà spesso lieta di aiutare vedendoti agitare una borraccia vuota.
Strano ma vero, tanto costa l'acqua quanto la birra è economica. Un rinfrescante Radler - metà birra e metà limonata - è sicuramente un modo diverso e piacevole per dissetarsi e prendersi una pausa: ha solo 2,5% di alcol e potrai agevolmente rimetterti in cammino oppure in sella. Senza esagerare, però: non dimenticare che in Germania viene effettuato l’alcoltest anche ai ciclisti!
La cucina tradizionale berlinese non differisce molto da quella della Germania settentrionale, la quale - a sua volta - non è tanto diversa da quella del resto della Germania: piatti a base di carne, sapori delicati che a volte sconfinano sul blando e ampio uso di salse. Sul menu di un ristorante tradizionale - chiamato Alt-Berliner ovvero "vecchio berlinese" - non mancheranno mai alcuni piatti tra cui le famose cotolette Schnitzel con diversi contorni e impiattamenti chiamati Art. Sempre presente anche l'Eisbein, stinco di maiale che a Berlino viene servito bollito anziché arrosto, come ci hanno invece abituato le feste della birra di stampo bavarese. Onnipresenti anche le Königsberger Klopse, polpette di maiale immerse in una salsa a base di capperi.
Ciò che rende davvero peculiare il cibo berlinese e l'aver affiancato ai piatti della tradizione tedesca i sapori della sua storia e della sua cultura multietnica.
Anche Berlino ha il suo wurstel: il piatto che in un attimo richiama alla mente la città di Berlino è senza dubbio il Currywurst, un wurstel di maiale - prima bollito e poi soffritto - servito con salse. Fu inventato nel 1949 da Herta Heuwer nel quartiere di Charlottenburg e unisce le tradizionali salsicce tedesche a ketchup e curry, ingredienti introdotti dalle truppe americane. Del piatto esistono due varianti: ohne o mit, rispettivamente "senza" e "con": ci si riferisce al budello in cui è avvolta la salsiccia, che nella versione mit risulta più croccante ma anche più grassa.
Riscrivere la tradizione: insospettabilmente, il piatto originario di Berlino più noto a livello globale è il panino Doner Kebab come lo conosciamo oggi. Il kebab - ovvero il cono di carne speziata - ha una tradizione che risale all’epoca ottomana: negli anni '70 a Berlino Ovest fu trasformato in quello che oggi tutti conosciamo, ossia un panino farcito accompagnato da insalata, salse e verdure miste. Trattandosi dell'evoluzione di un piatto già esistente è difficile risalire a chi ne fu l’inventore: una delle versioni più accreditate suggerisce che il panino raggiunse fama cittadina - e poi nazionale - quando nel 1972 fu servito dai gestori turchi dello zoo cittadino, che tra i suoi padiglioni ospitava anche un imbiss - un locale per spuntini simile ai nostri moderni fast food.
La cucina dei migranti: Berlino è ricca di ristoranti vietnamiti, spesso lodati per qualità e autenticità. Durante gli anni '80, grazie agli accordi stretti con la DDR, il Vietnam comunista permise ai suoi cittadini di migrare e lavorare in Germania: si formò una numerosa comunità - rimasta anche dopo la caduta del Muro - che da manodopera industriale divenne poco a poco proprietaria di ristoranti e negozi. Oggi nel distretto di Lichtenberg, centro della comunità, il 12% della popolazione è di origine vietnamita.
Berlino è una città disordinata e vivace: tra i suoi angoli decorati dalla street-art si può mangiare delizioso cibo da ogni parte del mondo, ogni fine settimana tra fiumi e canali si può festeggiare fino al mattino. Ma - uscendo dalla città - pochi saprebbero rispondere a questa domanda: cosa c’è vicino a Berlino? La risposta breve - gli appassionati di natura e di outdoor lo sanno bene - è "boschi": non è una risposta sbagliata, ma nemmeno del tutto giusta.
Berlino - oltre ad essere chiaramente una città - è anche una regione indipendente, in tedesco un Land. Questo status le è conferito in quanto capitale tedesca ma soprattutto perché - come altre città anseatiche tra cui Amburgo e Brema - ha una storia fieramente indipendente e totalmente separata dal territorio che la circonda. E la regione di Berlino è interamente inglobata in un altro land: il Brandeburgo.
Il Brandeburgo è un'enorme foresta intervallata da laghi e fiumi: si calcola che ci siano più di tremila laghi e pochissime città di dimensioni importanti. Se si esclude Potsdam - praticamente confinante con Berlino - tutte le città di questo territorio hanno meno di 100.000 abitanti. Quando si percorre il Mauerweg si attraversa buona parte del confine geopolitico tra Berlino e Brandeburgo: a pochi chilometri dalla città un mondo verde e fresco attende il viaggiatore, spazi aperti dove trascorrere molto tempo nei boschi, rinfrescarsi sulle rive dei fiumi e strizzare l'occhio a volpi e scoiattoli. Il prodotto tipico del Brandeburgo è il famoso Spreewald Gurke, il cetriolo sottaceto che cresce nella foresta del fiume Spree - una biosfera protetta a circa 50 chilometri da Berlino: sgranocchiarlo all'ombra di un albero secolare sarà ancora più gustoso.
Questa sezione è dedicata a chi non ha mai percorso un cammino a piedi: i viaggiatori esperti possono tralasciare questo approfondimento oppure inviarci qualche consiglio per migliorare questo capitolo della guida.
Contrariamente a quanto si possa pensare, camminare non è affatto una condizione naturale. Una faticosa escursione domenicale in montagna - seguita ovviamente da un paio di giornate di riposo - non è, purtroppo, un buon metro di paragone. Camminare ininterrottamente per giorni comporta disagi a cui non siamo più abituati: i tendini si infiammano, si prova dolore ad articolazioni e ossa – spalle, piedi e ginocchia - e si zoppica a causa delle vesciche.
Un primo consiglio – il più importante ma allo stesso tempo il più disatteso – è questo: ascolta il tuo corpo. Soprattutto i primi tre giorni, quando dovrai abituarti a questo nuovo stile di vita. E quindi se un giorno non te la senti più di camminare, allora non farlo. Se hai appetito fuori orario mangia qualcosa. Se sbadigli di primo pomeriggio sonnecchia un'oretta.
E poi: evita di pianificare rigidamente le tappe e non prenotare in anticipo tutti gli alloggi lungo il tragitto. Prenota le prime due notti per sicurezza e poi - di giorno in giorno, nel pomeriggio - cerca su internet una stanza per la notte. Sul cammino i cambi di programma sono la regola, non l'eccezione: evita di spingerti oltre i tuoi limiti solo per raggiungere a tutti i costi una stanza prenotata mesi prima dal comodo divano di casa.
Infine mantieni il bagaglio leggero, anzi leggerissimo. Seleziona con cura lo stretto indispensabile per camminare, lavarti e dormire: farai questo per giorni. Leggenda vuole che lo zaino debba pesare il 10% del nostro peso corporeo: sembra una regola un po' ingenua, e in effetti lo è. Forse è meglio provare a fare una breve passeggiata caricando tutto l'equipaggiamento: se lo zaino ti sembra troppo leggero, allora va bene così.
Lo zaino e le scarpe sono le attrezzature su cui conviene investire un po' di denaro. Lo zaino deve avere una capienza di 35-45 litri e deve assolutamente essere munito della cintura imbottita con cui legarlo alla vita. Quando cammini stringi bene la cintura: il peso dello zaino deve scaricarsi sul bacino e non sulle spalle. Indossa lo zaino e poi prova ad accucciarti leggermente sulle gambe: se le spalline si sollevano di un paio di centimetri dalle tue spalle lo zaino è indossato bene. Tasche elastiche laterali e una copertura antipioggia sono comodi optional che un buono zaino dovrebbe avere.
La scarpa deve essere progettata per il trekking, ben areata, con suola scanalata e antiscivolo. Inutile, se non addirittura dannoso, lo scarpone da montagna: al suo interno il piede rischia di surriscaldarsi e di indolenzirsi. Ricordati di non partire per il cammino con scarpe nuove: prima di iniziare il viaggio indossale per almeno un mese. Ogni sera prima di coricarti togli le suolette dalle scarpe e appoggiale in piedi contro un muro: durante la notte avranno il tempo di prendere un po' di aria e di asciugarsi da residui di sudore.
Indispensabili le ciabatte, da utilizzare in doccia e comode per riposare i piedi durante le pause della giornata. Vanno bene le infradito ma sono preferibili sandali da passeggio in gomma, ad esempio birkenstock o teva: tralasciando bonariamente la questione estetica, se indossati con le calze possono anche essere utilizzati per camminare nei giorni più caldi e per cambiare ogni tanto la posizione del piede.
Abbigliamento: porta con te 3-4 mutande (per le ragazze anche un paio di reggiseni sportivi), 3-4 calze da trekking antivesciche (puoi aggiungere un paio di calzettoni di lana per la sera), 2 pantaloncini (oppure un pantaloncino e un pantalone lungo), 3 magliette tecniche da trekking, una maglia termica a maniche lunghe, un maglione o pile invernale (sì, può far freddo anche ad agosto), un cappello per proteggerti dal sole (da bagnare spesso nelle giornate più calde). Chiudono la lista una giacca antipioggia – o ancora meglio un poncho impermeabile che copra anche lo zaino – e un asciugamano tecnico in microfibra.
Separa in due sacchetti di plastica gli abiti puliti da quelli sporchi e cerca di lavare quotidianamente gli abiti sporchi: se al mattino dovessero rimanere umidi puoi appenderli allo zaino utilizzando delle spille da balia, si asciugheranno al sole nel corso della giornata.
Igiene personale: in una bustina impermeabile custodisci flaconcini con shampoo, docciaschiuma e detersivo per indumenti: potrai ricaricarli in un bar o in un hotel lungo il cammino. Spazzolino, dentificio da viaggio e un pettine completano la lista.
Primo soccorso e cura di sé: porta una crema solare, qualche cerotto e – in piccole dosi – qualche farmaco da banco tra cui un antinfiammatorio, delle aspirine e una ricarica di magnesio-potassio. Porta anche un nastro kinesiologico (quella specie di grossa fascia blu adesiva): in caso di forte dolore al ginocchio avvolgilo stretto attorno all'articolazione e avrai un giorno di autonomia, poi sarebbe meglio fermarti e riposare un paio di giorni per sfiammare. Potrebbe tornare utile qualche cerotto antivescica, anche se il rimedio migliore per le vesciche – per quanto rudimentale – rimane questo: scalda un ago con l'accendino e poi buca la vescica da parte a parte lasciando dentro un filo di cotone. Il filo drenerà il liquido in eccesso - impedendo alla vescica di cicatrizzarsi e gonfiarsi - e in un paio di giorni il problema sarà risolto.
Ultimi banali accorgimenti: non dimenticare – ovviamente – portafoglio, documenti, bancomat, del denaro contante, telefono e caricabatteria. Un pacchetto di fazzoletti o di salviettine umidificate torneranno probabilmente utili. Se non viaggi in aereo potresti anche portare con te forbicine, coltellino svizzero, un rasoio, eventualmente un tagliaunghie. In una busta impermeabile conserva guida turistica, taccuino e penna per gli appunti di viaggio. Un grosso sacco di plastica – quelli neri, per intenderci – non pesa quasi niente e potrebbe tornare utile per eventuali imprevisti. In ultimo la borraccia, se possibile in alluminio, infrangibile.
Se le tue ginocchia sono deboli non farti scrupoli a portare una fascia elastica contenitiva e delle bacchette da trekking. La tenda è da evitare – il peso è eccessivo – tranne per cammini in terre selvagge che esulano dalle intenzioni di Guide Itinera. Il sacco a pelo è invece argomento di discussione: se è prevista la sosta esclusivamente in alberghi o B&B risulta un peso superfluo. Se invece pensi di dormire in qualche alloggio particolarmente spartano portalo con te, ma evita il sacco-lenzuolo: se proprio devi accollartelo, scegli almeno un sacco a pelo che mantenga il comfort anche a basse temperature. Potresti portare una torcia LED se non hai la torcia nel telefono. Se ci tieni porta un libro, ma breve, e preparati a regalarlo. Spago, elastici, un repellente per insetti, un powerbank, un paio di moschettoni, tappi per le orecchie, occhiali da sole, un paio di posate da campeggio e una tazza di latta possono sempre tornare utili.
Ci sono principalmente tre motivi per cui - una volta messo piede sul Mauerweg - non sono più riuscito a distaccarmene.
Il primo, di carattere più generale, è certamente la quantità di storia che si respira. Da italiani siamo abituati ad avere la storia ovunque intorno a noi, a vivere tra vestigia millenarie che il mondo ci invidia, separate da recinti per proteggerle e preservarle. Questo non succede sul Mauerweg. Qui la Storia con la lettera maiuscola è fatta dalle storie di persone e di famiglie. È una sensazione inebriante sapere che anche noi, anche oggi, continuiamo ad essere parte di un qualcosa di più grande. E che la storia debba essere vissuta e condivisa, non solo protetta!
E proprio questo senso di comunanza è il secondo motivo che mi lega al Mauerweg: il Muro ha da sempre unito (pur fisicamente dividendole) persone diverse per origine, interesse ed ideali. Ancora oggi molteplici sono le associazioni che vivono intorno al muro, moltissime le persone che ogni domenica ne percorrono un pezzettino. Brulica sempre di vita, non è mai vuoto, così come non è mai solo turismo.
L’ultimo motivo è un motivo personale: questo percorso di 160 chilometri così vicino a me è un'esperienza totalizzante. Natura cultura e sport, tre delle cose per me più importanti, si uniscono insieme, fino al punto da essere indistinguibili.
Questa guida è il frutto di circa un anno e mezzo di esplorazioni e ricerche, specialmente tra le ricchissime fonti costituite dalle diverse associazioni che operano lungo il percorso per mantenere viva la memoria del recente passato.
Patrizio Pecunia, l'autore
Mangiare e Dormire
Chiese e Monumenti
Meraviglie della Natura
Viaggiare ed Esplorare
Servizi e Informazioni
Raccomandazioni e Avvertimenti