Sacro Monte di Crea
Albugnano
Dove il viandante naviga in un mar di prati e boschi, si riposa ai piedi di un'antica villa, recupera le forze grazie ad acque miracolose, dopo lunga pena mira e rimira la bella Cocconato e infine all'ombra dei cedri contempla le Alpi
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Tra le colline dell’astigiano, nel basso Monferrato, si trova l’antico borgo di Villadeati, luogo già noto agli inizi del Medioevo quale avamposto militare; verso la metà del 1400 il territorio divenne feudo della famiglia Deati, che vi si insediò e diede il nome al paese (Villa Deatorum).
Il borgo è sovrastato da un maestoso edificio in cima alla collina che gli conferisce un indubbio fascino e una sorta di velato mistero.
Villadeati è stata insignita della Medaglia d’argento al valore civile a seguito dell’eccidio della sua popolazione perpetrato dai nazisti nel 1944.
Durante la Seconda Guerra Mondiale - alla fine del 1944 - Villadeati è stata protagonista di tragici episodi: alcuni partigiani del luogo uccisero un soldato tedesco e ne catturarono un secondo. La rappresaglia nazista punì tutto il paese, che venne completamente saccheggiato; una decina di abitanti venne condannata alla fucilazione e a nulla valse l’eroico gesto del parroco, don Ernesto Camurati, che offrì la sua vita in cambio di quella dei prigionieri: anche lui venne fucilato insieme a loro.
Dopo la Liberazione i partigiani di Villadeati riuscirono a scovare il responsabile dell’eccidio, il generale Meyer, e lo giustiziarono nello stesso luogo della strage da lui perpetrata. Oggi questa piazza, chiamata Martiri IX ottobre 1944, ospita il monumento alle vittime dei nazisti, e la via che porta al Municipio nel vicino paese di Casale Monferrato è intitolata al prete eroe, don Ernesto Camurati.
La maestosa costruzione che si erge sulla collina di Villadeati è un palazzo settecentesco appartenente oggi alla famiglia dell’editore Giangiacomo Feltrinelli.
Sorge sulle rovine dell’antico Castello Belvedere, risalente al XVII secolo, di cui oggi non rimane praticamente alcuna traccia se non la documentazione storica della sua esistenza.
La villa venne costruita a fine Settecento su volontà del giureconsulto Giacinto Magrelli, proprietario dei terreni, che fece erigere un edificio in stile barocco e neoclassico digradante sulla collina con quattro serie di terrazze e gallerie; dall’edificio principale si innalza una torre di due piani, di circa 20 metri, che domina le colline circostanti. L’ideatore dell’opera è ignoto, ma lo stile richiama la scuola di Filippo Juvarra, architetto alla corte sabauda.
La villa ha ancora oggi il fascino di un tempo antico e romantico: nel corso dei secoli ha vissuto lunghi periodi di decadenza, ma l’intervento della famiglia Feltrinelli negli anni ‘70 del Novecento le ha permesso di tornare al suo antico splendore. Nel palazzo tuttora riposano le ceneri di Inge Feltrinelli - moglie dell'editore - e la riservatezza della famiglia non consente visite al pubblico, che però può ammirare il portale d’ingresso.
Narra la leggenda che Villadeati sorga su un’antica città sotterranea, ricca di tesori ancora inesplorati: Lustria. Il toponimo - qualcuno sostiene - è storpiatura dell'antica “Industria” (oggi Monteu da Po), colonia romana costruita nel 120 circa a.C. dal console Marco Fulvio Flacco.
Tutto nasce quando, nel 1925, ai piedi di una collina a est del paese vengono rinvenuti i resti di un recinto quadrangolare formato da grossi blocchi di pietra. Si presume possa essere un campo romano, ma in seguito vengono rinvenuti “vasi vinarii, cinerarii, lacrimatorii, frammenti di specchi, idoletti, lumiere, monete, anella”, e ancora “bellissime anfore, coppe a forma di calice dipinte in nero e rosso”: resti di una necropoli che fanno pensare ad una vera e propria città sommersa.
Forse studi approfonditi ci racconteranno di una stratificazione di accampamenti, battaglie, devastazioni e ricostruzioni nel corso dei secoli, di donne e uomini che hanno vissuto le loro vite in periodi di pace e di guerra, ma la nostra natura di esploratori può continuare a farci camminare sui resti di una misteriosa città perduta.
Ai confini della Valcerrina, nel nord-ovest della provincia di Alessandria, si trova il borgo di Murisengo, uno tra i centri più popolosi del territorio del Basso Monferrato: l'origine si attesta intorno al 940 e secondo alcune fonti Murisengo appare tra i possessi del monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia con il toponimo di Munesengum.
Proprio il suo nome ha un’origine dibattuta poiché, per alcuni storici, potrebbe risalire all’epoca alto medievale: la desinenza “eng” di origine germanica o longobarda è da intendere come sostantivo di anello o cerchio, riferendosi alla disposizione concentrica dei primi accampamenti. L’altra teoria parte, invece, dalla variante vernacolare “Ambriseng”, per risalire fino al patronimico latino Mauritius, divenuto “Morissi” per inflessione vernacolare monferrina.
Il personaggio più celebre legato a Murisengo è certamente Luigi Lavazza, che qui vi nacque nel 1859. Trasferitosi a Torino nel 1886, otto anni dopo aprì la sua fiorente drogheria tra le vie Barbaroux e San Tommaso, divenuta celebre per la vendita del caffè acquistato crudo da un rivenditore genovese e tostato nel retro del negozio. Dalla fortunata intuizione di Lavazza di introdurre la tostatura di miscele elaborate e realizzate ad hoc e grazie all’ingresso di soci e capitali provenienti da tutta Italia - e non solo - è nato uno dei marchi più importanti a livello internazionale: il Caffè Lavazza.
A testimonianza delle millenarie origini di Murisengo vi è il castello che si erge a dominio del paese. Risalente al 940, dell’impianto originario è rimasta l’imponente torre, rimaneggiata nel 1510 e nel corso del XIX secolo, ma probabilmente costruita intorno all’XI secolo. L’intero edificio ha anch’esso subito vari danni e ricostruzioni, già a partire dalla caduta dei Marchesi del Monferrato e con i successivi passaggi proprietà, fino a raggiungere l’attuale aspetto nel XVII secolo, sotto la famiglia Scozia.
È da specificare che l’entrata del castello è un falso antico, in stile medioevale, costruito nel 1891 su disegno del conte Giuseppe Ferrari d'Orsara. A seguito di un lungo restauro, dalla metà del 2012 è possibile ammirare il castello con visite guidate durante mostre, eventi e cerimonie.
Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, Murisengo divenne un importante centro turistico grazie al fiorente stabilimento termale sorto nei pressi de “La Pirènta”: una fonte di acqua solforosa su terreno tufaceo-calcareo che sorge alle radici del Montelungo, a est del paese. Le acque solforose e oleose, dal caratteristico odore di gas idrosolfato, venivano adoperate come rimedio per disturbi gastrointestinali e malattie cutanee quali la scabbia e l’herpes.
A testimonianza del successo delle qualità terapeutiche della fonte, così scriveva nel 1797 padre Agostino De Levis al marchese Scozia di Calliano, all’epoca feudatario del luogo:
Perché da un solo monte (il Montelungo) sgorgano tre sorta di acque diverse. La dolce, la salata, la sulfurea. In grazia loro le epizoozie del bestiame qui non si reggono, l’idrofobia dominante in altri paesi qui si conosce solo di nome, e la sanità, che altrove si perde, qui si riacquista
padre Agostino De Levis
L’antico stabilimento termale venne ridimensionato nel periodo tra le due guerre mondiali e, successivamente, l’area fu riconvertita in zona industriale con la costruzione di una polveriera.
A oggi è possibile ammirare solo la fontana neogotica del 1859, dalla cui bocca leonina scaturisce l’acqua, ma è risaputo che nel XIX secolo l’acqua veniva convogliata in due grandi vasche di pietra – non più visibili – in cui d’estate si metteva a macero la canapa.
Tra le colline del Monferrato, il borgo di Cocconato è il luogo ideale per una gita fuoriporta o semplicemente per una sosta culinaria a base di prodotti locali e buon vino. La sua particolare posizione geografica gli regala un microclima mite e soleggiato: già nei secoli scorsi il luogo era noto come la "Riviera del Monferrato", mentre è più recente il titolo di borgo tra "I borghi più belli d'Italia".
L'origine del nome si pensa derivi dal latino "cum conato", che ricorda gli sforzi compiuti da chi - in passato - doveva raggiungere la sommità del borgo lungo le tortuose stradine collinari, vero e proprio incubo per chi non disponeva di moderni mezzi di trasporto.
Presente come insediamento già in epoca romana, Cocconato conferma la sua presenza sul territorio in epoca medievale grazie alla famiglia dei Conti Radicati, che dal X secolo ne fanno un feudo prospero e indipendente, in grado di rivaleggiare per oltre quattrocento anni con signorie ben più note e potenti.
A Cocconato è bello perdersi tra le vie del borgo: vicino a piazza Giordano si può passeggiare sotto un antico porticato - usato ancora oggi per il mercato ortofrutticolo - che con le sue nove arcate resta uno dei migliori esempi di tettoie civiche del Monferrato.
Piazza Cavour, poco distante, ospita i resti dell'antico ponte levatoio del castello dei Conti Radicati e per questo viene spesso chiamata "Piazza Ponte".
Lungo via Roma si possono ammirare begli esempi di abitazioni di origine medievale, con portoni scolpiti e balconi in ferro battuto, e superando la chiesa della SS. Trinità si arriva al Palazzo Comunale, edificio in stile gotico risalente al XV secolo, sulla cui facciata si possono ammirare le formelle in cotto che sovrastano le finestre. Sotto il portico si affacciano alcune botteghe storiche e il cortile del Collegio, un'antica Scuola per l’insegnamento di grammatica e retorica fondata nel 1754.
Merita una visita piazza Statuto, punto di snodo dei commerci del borgo, dove si respira l'atmosfera di un tempo tra botteghe artigianali, caffè e ristoranti.
Sulla sommità della collina si erge la Torre di Cocconato, testimonianza delle antiche fortificazioni risalenti all'epoca dei Conti Radicati: varie guerre nel corso dei secoli hanno lasciato solo una minima traccia del castello e nell'Ottocento la torre venne persino riadattata - per un breve periodo - a mulino a vento, uno dei pochi di tutto il Piemonte. Oggi punto panoramico, da qui nelle giornate limpide è possibile ammirare la catena alpina fino all'Appennino ligure e qualcuno dice che, aguzzando la vista, l'occhio può addirittura scorgere Milano.
Come tutti i borghi collinari, sovente avvolti da un'atmosfera di fascino e mistero, anche Cocconato porta con sé un'antica leggenda - quella della Pietra Cagnola - legata all'antico insediamento romano che un tempo aveva il nome di Marcellina. Si narra che gli abitanti del luogo possedessero un simulacro a forma di testa di cane, tutto d'oro e gioielli, che veniva applicato agli erpici per rendere feconda la terra. Era un bene così prezioso e sacro che durante le razzie barbariche questa pietra, detta appunto "Cagnola", veniva nascosta nel pozzo del paese: oggi il pozzo esiste ancora, e chissà che allungando lo sguardo fin sul fondo non si possa scorgere il luccichìo di questo misterioso e antico amuleto.
Prezzo: gratuito
Dove: in piazza Giordano a Cocconato (AT)
Quando: ultima domenica di settembre
Non stupitevi se l'ultima domenica di settembre incontrerete per le vie del borgo una mandria di asini in corsa: è il palio di Cocconato, che da oltre cinquant'anni anima il paese e attira incuriositi visitatori.
Gli asini vengono radunati in piazza Giordano e devono percorrere un circuito ovale: non sono cavalcati, ma guidati e incitati dai loro proprietari. Il vincitore del Palio resta in carica un anno e aggiunge il premio al gonfalone della contrada, l'ultimo arrivato riceve "la saracca" e paga pegno, impegnandosi ad offrire un banchetto l'anno successivo.
Si pensa che il Palio affondi le sue origini in un'antica leggenda medievale: nel castello dei Conti Radicati era scoppiato un incendio e gli abitanti di Cocconato avevano organizzato una catena umana per portare acqua dal ruscello con l'aiuto di numerosi asinelli. Come ricompensa per aver salvato il castello i Conti organizzarono un torneo di corsa con gli asini, la cui tradizione è giunta sino ad oggi con la disputa del Palio.
I dintorni di Cocconato meritano una visita, se non altro per gustare i prodotti tipici del territorio: si possono trovare salumi come prosciutto, salame cotto e salame crudo, cotechino e lardo, rigorosamente accompagnati da un buon bicchiere di vino proveniente dalle numerose cantine del posto.
Tipica del borgo è la robiola di Coconà, una particolare robiola di latte vaccino piatta e tonda, dal sapore dolce: ottima gustata da sola, ma anche come ingrediente per un buon risotto o come ripieno per gli agnolotti, il classico primo piatto piemontese.
E ancora, da abbinare a salumi e formaggi c'è la schiciola, una focaccia preparata con lo stesso impasto degli agnolotti originaria proprio di Cocconato.
La fama dei prodotti del luogo ha da sempre attirato personaggi illustri che, passando in Piemonte, volentieri facevano una piccola deviazione per degustarne i piatti tipici: tra i più celebri l'Imperatrice Margherita d'Austria, che nel 1666 pare ricevette in dono ben 600 forme di robiola, e il principe Umberto di Savoia, che nelle sue frequenti visite aveva addirittura una saletta riservata proprio nel ristorante al centro del paese.
I vigneti che fanno da cornice al borgo confermano che siamo nel posto giusto per degustare i vini del Monferrato, specialmente i filari esposti a sud che, con maggior quantità di calore e luce, portano alla perfetta maturazione l’uva simbolo della zona - il Barbera - che nella sua versione Superiore è diventata Docg dal 2008. Non va dimenticata la presenza di altri vini a base di Freisa, Dolcetto e Grignolino: tre ottimi gregari che diventano protagonisti se vinificati in purezza nella Doc Monferrato.
Con i suoi 549 metri sul livello del mare, Albugnano è il più alto comune del Monferrato. Grazie alla sua posizione - e al panorama che si può ammirare dalla sommità del paese - viene definito il "balcone del Monferrato". E non a torto: dal Belvedere Motta la vista spazia su prati e vigneti, tra belle case padronali settecentesche, colline e paesini, catene montuose che si stagliano all'orizzonte e che spaziano dalle Alpi Marittime fino alle Alpi Cozie.
L'origine di questo nome potrebbe discendere dai possedimenti della famiglia Albinius, Albonius o Albucius. Dai numerosi reperti fossili trovati durante le operazioni di aratura dei terreni è emerso infatti che queste terre erano già abitate ai tempi della dominazione romana: forse i patrizi dell'antica Torino (Augusta Taurinorum) amavano trascorrere periodi di villeggiatura su questi colli, nelle loro ville circondate dal verde. Un'altra possibile spiegazione del toponimo può derivare dalla conformazione fisica del terreno, di colore biancastro, albus in latino: in alcuni scritti del XII secolo si trova infatti menzionata una Vallis Albignana.
Piccolo borgo di soli 500 abitanti, Albugnano è noto anche perchè vi soggiornò la Regina Margherita di Savoia: in realtà fu una sosta obbligata, in quanto l'auto sulla quale viaggiava ebbe un guasto e costrinse la regnante a fermarsi per due giorni preso l'albergo Gelsomino. In ricordo di quella visita le fu intitolata l'attuale Via Regina Margherita, nel centro storico del paese.
Chiamato anche piazzale della Torre - in ricordo di un antico castello risalente al XV secolo la cui torre sopravvisse fino alla metà dell'Ottocento – questo slargo è ombreggiato da alcuni cedri e nei suoi paraggi sorge il Parco della Rimembranza, dove si possono trovare alcuni cippi che onorano i caduti di Albugnano durante le due guerre mondiali.
Il parco ospita anche il cosiddetto "olmo del ciabattino", ovvero i resti di un antico albero secolare nella cui cavità un ciabattino svolgeva la sua attività. L'olmo è celebre anche perché tanto caro a Don Bosco, che teneva lezione ai suoi ragazzi proprio intorno al grande albero.
La storia di Albugnano si intreccia con quella della vicina abbazia di Vezzolano che, come in passato accadeva, deteneva i diritti sui territori circostanti.
Entro le mura del cimitero cittadino si trova la Chiesa di San Pietro "de Fenestrella" che, insieme alla canonica di Vezzolano, fa parte di una rete che riunisce venti chiese di epoca romanica sparse per tutto il territorio circostante. Questo nome, "de fenestrella", si pensa possa avere due origini: da una parte, le piccole finestrelle di cui è composta la chiesa; dall'altra, la sua collocazione tra due monti che la fanno sembrare una finestra con una splendida vista sulla valle di Aramengo e Marmorito.
Albugnano, dal cui belvedere è possibile ammirare il Monferrato quasi nella sua interezza, dà il nome ad una piccola perla enologica: l’Albugnano Doc. Questo eccellente vino nasce dal Nebbiolo, vitigno simbolo del Piemonte in tutto il mondo, e può essere vinificato in purezza - cioè usando esclusivamente questa varietà - oppure tagliato per un massimo del 15% con altri vini della zona (Barbera, Freisa e Bonarda) per dare freschi rosati oppure vini rossi capaci di invecchiare bene nelle nostre cantine.
Ristorante Regina
location_on Via Asti, 1 — Murisengo (AL)
Prezzo add_circleadd_circleradio_button_unchecked call +39141 993025 mail ilporticosas@gmail.com
Ampie sale e cucina del territorio.
Macelleria Rosso
location_on Piazza della Vittoria, 2 — Murisengo (AL)
Prezzo add_circleradio_button_uncheckedradio_button_unchecked call +39141 993073
Salami e salsicce da carni piemontesi, un reparto gastronomia con piatti pronti.
Ciocca
location_on Piazza Dante, 10 — Castelnuovo Don Bosco (AT)
Prezzo add_circleadd_circleradio_button_unchecked call +39119876283 mail info@albergociocca.it
All'interno di un palazzo storico di Castelnuovo Don Bosco, questo albergo e ristorante prende il nome dalla "cioca", la campana che scandiva l'ora di pranzo per i braccianti della zona. Ottima cucina del territorio, camere semplici e confortevoli, appartamenti con angolo cottura.
Cannon d'Oro
location_on Piazza Camillo Benso Conte di Cavour, 21 — Cocconato (AT)
Prezzo add_circleadd_circleradio_button_unchecked call +39141907794 jamboard_kiosk www.cannondoro.it
Fondato nel 1876, questo storico ristorante fu visitato più volte dal Principe Umberto di Savoia. È tuttora possibile pranzare nella saletta del Principe, che conserva gli arredi d’epoca e il fascino di un tempo che fu. La struttura dispone anche di alloggi per la notte.
Sale & Pepe
location_on Via Roma, 6 — Albugnano (AT)
Prezzo add_circleradio_button_uncheckedradio_button_unchecked
Bar e alimentari, ottimi panini preparati sul momento.
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