03

Albugnano

Torino

Dove il viandante contempla gli affreschi della secolare abbazia di Vezzolano, con gli occhi cinge il feudo di Cinzano dall'alto del suo castello, constata quanto può esser duro e aspro il cammino, senza fiato dal colmo di Superga gira lo sguardo tutt'intorno e infine degusta bevande speziate nelle osterie della grande Torino

Tappa 03
L: 37,0 km D: 692 mt+
524 mtAlbugnano
Abbazia di Vezzolano
Cinzano
672 mtSuperga
Torino
4.1 8.2 12.3 16.5 20.6 24.7 28.8 32.9 37
➔ km 1,5

Abbazia di Vezzolano bookmark

Situata nel comune di Albugnano, in provincia di Asti, l’Abbazia di Vezzolano è uno tra i monumenti medievali più importanti del Piemonte.

Sull’origine del nome vi sono varie teorie: alcuni lo fanno discendere dalla gens latina Vetia, altri lo collegano all’antica abbazia francese di Vézelay. Probabilmente è più attendibile l'origine medievale o regionale del toponimo Vezzola o Vetiola nel significato di "recipiente d'acqua", dato che nelle vicinanze dell'edificio scorre un ruscello.

Impropriamente definita abbazia, la fondazione della Canonica di Santa Maria di Vezzolano è avvolta da un alone di mistero: una prima leggenda narra che dopo una serie di frane questa chiesa venne edificata in un punto preciso indicato da Dio, ma secondo la tradizione più diffusa il fondatore dell’Abbazia sarebbe stato Carlo Magno in persona. Si narra che, attorno al 773, l’imperatore si trovasse nei pressi della selva di Vezzolano per una battuta di caccia quando venne colto da un terribile spavento alla vista di tre scheletri saltati fuori dalla tomba. Subito soccorso da un eremita, il re dei Franchi venne invitato a pregare la Beata Vergine e, in segno di ringraziamento e devozione, venne convinto dal religioso a fondare un luogo di preghiera ove accogliere pellegrini e religiosi. Che si tratti solo di una leggenda è suggerito dall'assenza di fonti o testimonianze storicamente attendibili riguardo ai fatti tramandati: i primi documenti relativi all’abbazia risalgono infatti alla fine dell'XI secolo, quando la chiesa venne edificata grazie a un gruppo di famiglie locali che affidò numerosi appezzamenti alle cure dei chierici, accrescendo il prestigio dei canonici e agevolando l'espansione dell’abbazia nei i secoli a venire.

Nel Quattrocento l’abbazia di Vezzolano conobbe uno dei periodi di massimo splendore grazie alle rendite dei suoi territori - che ormai si estendevano fino alle diocesi di Torino, Vercelli e Ivrea – e alle molte famiglie aristocratiche che affidarono le rendite di beni e terreni ai chierici che lì vivevano. Questo periodo felice si interruppe bruscamente un secolo dopo: si racconta che Carlo Borromeo, austero e integerrimo arcivescovo di Milano, durante un viaggio per raggiungere Vercelli si fosse imbattuto nell’abbazia, chiedendo ospitalità per trascorrere la notte. I chierici, non riconoscendolo poiché vestito da semplice sacerdote, lo accolsero nelle loro modeste stanze, dove alloggiavano molte altre persone tra cui alcune prostitute. Scandalizzato dai costumi lascivi dei canonici, il Borromeo decretò la soppressione dell'ordine e l’abbazia non conobbe altra buona sorte fino agli anni Trenta del Seicento, quando passò sotto i duchi di Savoia.

Tra il Settecento e l'Ottocento, durante il governo napoleonico, prese avvio il definitivo declino della struttura con la vendita a privati del chiostro e di molti edifici connessi. Risale a quest'epoca anche la perdita dei manoscritti gelosamente custoditi da tempo immemore tra le mura della canonica: don Simone Marchisio di Aramengo, vicario di Vezzolano, reputando i documenti indecifrabili regalò al popolo le secolari cartapecore per farne dei turaccioli e per incartare le robiole. Nel 1926 i Serafino – proprietari del podere – donarono i possedimenti all’Accademia dell’Agricoltura di Torino; nel 1938 l’intero complesso monumentale fu acquisito dal Ministero dell’Educazione Nazionale, divenuto poi Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo. Nel 2015 il complesso è stato infine affidato al Polo Museale del Piemonte.

L'abbazia oggi: cosa visitare

Come molte delle chiese medievali, anche l’Abbazia di Vezzolano è stata progettata sulla base di complessi calcoli matematici e misurazioni astronomiche: l’abside è rivolta ad est, verso la Terra Santa culla del cristianesimo, ed è studiata con attenzione la luce che - penetrando attraverso la bifora della facciata – illumina due volte all’anno le statue dell’Annunciazione, un effetto sapientemente studiato per evocare il simbolismo teologico della luce come emanazione di Dio.

La storia millenaria di questo luogo si percepisce attraverso la varietà di stili decorativi e architettonici che la caratterizzano: il romanico e il gotico sono predominanti ma non mancano influenze bizantine e saracene, così come si può ammirare la mano rinascimentale che risale all’ultimo periodo di lavori. La straordinarietà di questa abbazia è anche dovuta all‘ottimo stato di conservazione delle opere e dell’intero complesso, grazie agli accurati cicli di restauro che nel tempo sono stati effettuati, e tra le opere qui custodite tre meritano senza dubbio una menzione d'onore.

La prima è il maestoso pontile che divide la navata centrale: è particolarmente importante perché si tratta di un manufatto piuttosto raro in Italia, ma presente in molte chiese medievali francesi. Come è stato ipotizzato, il pontile serviva a separare gli spazi riservati ai nobili – le abbienti famiglie che finanziarono la costruzione dell'abbazia - da quelli riservati alle persone di rango inferiore e ai villici, suggerendo che la chiesa fosse stata dapprincipio concepita come la canonica di un castello. La notevole struttura è stata completata nel 1189 ed è riccamente decorata da una serie di sculture policrome: la parte superiore è dedicata ad alcune scene della vita della Beata Vergine, mentre nella parte inferiore sono rappresentati i patriarchi, da Abramo a Giuseppe. Curiosamente, pur essendo quaranta in totale, cinque di queste figure bibliche sono dipinte sulle pareti anziché essere incluse nel gruppo scultoreo: probabilmente questa fu una scelta dettata da un errato calcolo delle misure finali dell'opera.

La seconda peculiarità è lo splendido ciclo di affreschi trecenteschi. Tra questi è rappresentato - nel secondo chiostro - l’episodio leggendario che vede protagonista Carlo Magno: il cavaliere raffigurato ha la postura e l’atteggiamento di un nobile colto improvvisamente da attacchi epilettici, di cui l’imperatore effettivamente soffriva. Quest'immagine ha alimentato fantasie e leggende sul fondatore del complesso, ma il topos iconografico del “Contrasto tra vivi e morti“ è evidente: si tratta di una ricorrente immagine - d'intento pedagogico – che si può ritrovare in altre raffigurazioni del tempo e che ricordava ai nobili di cambiare vita per salvarsi dalla dannazione eterna.

Da non perdere infine lo splendido polittico tardo quattrocentesco in terracotta sull’altare maggiore. Anche quest’opera smentisce la leggenda: il sovrano rappresentato in ginocchio accanto alla Vergine sarebbe identificabile con il re francese Carlo VIII, che nel 1494 transitò in Piemonte e sostò presso l’abbazia prima di scendere lungo la penisola. Il sovrano esibisce il giglio araldico, emblema della monarchia francese, e il collare di San Michele: questo bastò a stuzzicare le fantasie secentesche sull'origine carolingia della canonica, ma tali simboli sono stati introdotti rispettivamente nel 1465 e nel XIII secolo. Due dettagli definitivamente anacrostici, considerato che Carlo Magno morì nell‘814.

➔ km 7,6

Cinzano bookmark

Si spera che gli amanti del famoso vermut non restino troppo delusi nello scoprire che il borgo di Cinzano nulla ha a che vedere con il celebre alcolico, se non il fatto di essere entrambi piemontesi; ciononostante, l'abitato merita una visita.

E così, a 495 metri sul livello del mare, quasi al centro del crinale che da Superga conduce alla Canonica di Vezzolano, Cinzano domina dall’alto la campagna circostante. Si tratta del paese più a est della provincia di Torino, l’ultimo, ai confini con l’astigiano. Il toponimo gli deriva probabilmente dal nome latino Cintius, largamente testimoniato in Piemonte. Durante l’epoca romana Cinzano si trovava a metà percorso sulla strada che da Industria - ora Monteu da Po - portava a Carreum Potentia, ovvero Chieri, ma le origini di Cinzano sono ben più antiche: il ritrovamento di una punta di freccia testimonia la presenza dell’uomo già a partire dal 2000 o 3000 avanti Cristo.

Nei secoli a seguire Cinzano e il suo territorio vennero contesi più volte, a riprova della posizione strategica che permetteva di dominare con lo sguardo l’area intorno. Venne prima donato da Federico Barbarossa al Vescovo di Chieri, successivamente passò nelle mani di diversi proprietari, fino a giungere nel 1631 al Ducato di Savoia.

La struttura della collina ha influenzato l’andamento dell’abitato che, ancora oggi, prende la forma di una Y. Costituisce un nucleo separato dal resto del paese la chiesa parrocchiale e il castello con il suo verdeggiante parco circostante.

Castello di Cinzano

Si tratta di una fortezza di origine medievale, comprovata dalla presenza di mura e torri, che nel 1164 venne donata da Federico Barbarossa ai Marchesi del Monferrato, e in seguito passò ai Marchesi Della Chiesa. Fu proprio Carlo Renato Della Chiesa che nel 1666 iniziò ad abbellire e ingrandire il castello dotandolo di un ampio giardino: fino a quel momento infatti il castello era circondato solamente dalle case del “recinto”, il raggruppamento di abitazioni protette da mura e torri utilizzate dagli abitanti della campagna in caso di pericolo.

Evidentemente il Marchese voleva rendere più emblematica la propria residenza e diede quindi avvio ai lavori di ristrutturazione che regalarono all’edificio una nuova facciata e un grande salone ricavato dalla copertura dell’antico cortile interno; oltre a ciò, il Marchese iniziò ad acquistare le case medievali del recinto per smantellarle e ricavare lo spazio necessario ai nuovi giardini.

Una curiosità: molto spesso veniva venduto soltanto il terreno su cui era posizionata la casa, mentre i materiali con cui era costruita - mattoni e tegole - venivano riutilizzati per costruire le abitazioni che oggi formano il paese di Cinzano. Non c’è da stupirsi dunque se nelle case odierne si possono ritrovare manufatti di chiara appartenenza tardo medievale, un evidente punto di contatto tra passato e presente.

All’inizio dell’Ottocento il castello e tutti gli annessi vennero frazionati e venduti ma pochi anni dopo, nel 1872, il marchese Ludovico Della Chiesa - grazie anche al contributo economico della moglie - non solo riacquistò il castello ma diede avvio a lavori di restauro in stile neomedievale ad opera dell’ingegnere Giuseppe Tonta che portarono l’antica residenza allo splendore di un tempo, decorandolo con un tipo di merlatura ad imitazione di quella originaria. Con questo ed altri lavori il castello tornò ad avere la sua originale sembianza di luogo fortificato, che ancora oggi è possibile ammirare: delle strutture originali, rimangono oggi l'imponente “Torre del Sale” e le due torri laterali.

Alla morte dell'ultimo marchese nel 1951, il castello - quasi abbandonato e danneggiato dai repubblichini durante la Seconda Guerra Mondiale - venne venduto e restaurato: dapprima utilizzato come ristorante, fu successivamente sede di un istituto medico pedagogico e nel 1968 venne diviso in appartamenti.

➔ km 12,8

Sciolze bookmark

Il paese di Sciolze giace, morbidamente disteso, sulla collina di un territorio che ancora sa di Monferrato, nonostante i suoi venti chilometri da Torino. Ah, speriamo che lo visitiate per vostra curiosità e non perché qualcuno vi ci ha mandato: c'è stato infatti un tempo in cui per mandare al diavolo qualcuno, in Piemonte, si diceva proprio “Vai a Sciolze!” (Va a Siosse!), ricordo dei giorni in cui tra le mura del castello venivano eseguite numerose condanne a morte.

Probabilmente abitato già in epoca pre-romana, si ha traccia della sua origine a partire da alcuni documenti del 1034 conservati all’interno dell’Abbazia di Vezzolano che raccontano di come Sulciam (Sciolze) e Faniolo (Fagnour, il colle poco distante) vennero concesse - insieme ad altre località - dall’abbazia di Nonantola in Friuli ai Conti di Briandate e successivamente al comune di Chieri, estesosi sempre più a causa degli indebitamenti dei Conti stessi.

Ancora oggi è possibile osservare ciò che resta dell’epoca medioevale attraverso il castrum, oggi Castello di San Severino, e la villa, il grazioso centro abitato.

Passato in seguito dal Marchesato di Monferrato al Ducato di Savoia, il paese rimase sotto l’egemonia francese fino al 1814, anno in cui la monarchia sabauda - terminato anche il periodo napoleonico - suddivise il Piemonte in mandamenti di giudicatura, di cui Sciolze fu uno dei capoluoghi.

Luogo di villeggiatura delle abbienti famiglie torinesi già in epoca ottocentesca, Sciolze è oggi un quieto abitato di circa 1500 abitanti.

➔ km 13,6

Chiesa di Santa Lucia del Fagnour

Prezzo: gratuito

Apertura: sempre aperto

A poca distanza da Sciolze si erge - con i suoi 500 mt di altezza - il colle del Fagnour, riccamente verdeggiante e assai suggestivo: da qui lo sguardo si perde, aprendosi, dalle Alpi fino agli Appennini. Alcuni documenti dell’anno mille raccontano che sul colle si svolgeva una vivace e ricca attività contadina, da cui si immagina che il primo insediamento della comunità di Sciolze trovò la sua naturale ubicazione proprio su questa collina più che nei paraggi del vicino castello.

Il colle ospita la chiesa di Santa Lucia del Fagnour (ca. 1200), che si pensa essere la più antica del territorio di Sciolze. Facevano parte di questo edificio anche il camposanto e il romitorio in cui viveva l’eremita di Sciolze, che secondo la tradizione portò la fede cristiana in queste zone. In realtà probabilmente il cristianesimo iniziò a diffondersi in un periodo precedente all’anno mille grazie alla comunità benedettina dell’Abbazia friulana di Nonantola, che qui deteneva il suo potere, e la stessa chiesa di Santa Lucia potrebbe risalire addirittura all'XI secolo.

Dell'edificio – oggi nascosto dalla vegetazione e rintracciabile solo grazie ad un piccolo vialetto d'accesso - possiamo solo immaginare gli antichi splendori e i brillanti colori degli affreschi, ormai distrutti da umidità e incuria: intorno al 1700 Sciolze costruì un nuovo cimitero cittadino e la chiesa del Fagnour smise di essere un riferimento per il culto dei morti, ritirandosi silenziosamente - come un eremita - tra i boschi.

➔ km 26,3

Colle di Superga bookmark

Dieci chilometri a nord est della città di Torino affiora il colle di Superga, che con i suoi 672 metri ottiene il terzo posto, in termini di altitudine, dell’intera catena delle Colline del Po e del Parco naturale della Collina Torinese. Grazie alle sue bellezze paesaggistiche e culturali quest’area è oggi un parco naturale protetto ed è sotto la tutela dall’Ente di gestione delle aree protette del Po torinese. Il Parco naturale della Collina di Superga, oltre ad offrire piacevoli passeggiate grazie ai sentieri che lo attraversano, permette di visitare la celebre basilica e le numerose ville e cascine costruite tra il 1600 e il 1800: un importante quanto variegato patrimonio turistico per la città di Torino, meta ideale per una gita fuori porta.

Superga (o Sopèrga in piemontese) appartiene al territorio comunale torinese dal XV secolo: qui sorgevano piccole chiese votive dedicate a santa Maria, a sant’Antonio e a san Grato, ma il colle era già abitato dal XIII secolo dal momento che permetteva un’osservazione strategica sulla città di Torino e i suoi dintorni. Circa il nome, rimane ancora in dubbio la sua origine etimologica: una prima ipotesi lo fa risalire al germanico Sarra-berg, ovvero “monte della collina”, mentre altre teorie indicano un'origine longobarda, dato che una donna di nome Saroperga sarebbe stata la proprietaria dei boschi circostanti. Un’ultima ipotesi è quella che conduce a tempi recenti, più precisamente ad una statua raffigurante la Madonna che - nel periodo tardomedievale - era posta sotto un loggiato, da cui il nome santa Maria sub pergula. Il duca Vittorio Amedeo II di Savoia giurò di costruire la maestosa basilica proprio di fronte a questa statua, e tale manufatto è tuttora conservato nella chiesa stessa, all’interno della Cappella del voto.

Oggigiorno una delle vie più affascinanti per raggiungere il colle di Superga è sicuramente quella percorsa dalle antiquate carrozze della tranvia Sassi-Superga, meglio nota in piemontese come dentera (dentiera). Si tratta di una linea lunga oltre tre chilometri che collega il quartiere torinese di Sassi alla cima del colle; fu inaugurata il 27 aprile 1884 dopo un anno di lavori, in occasione dell’edizione torinese dell’Esposizione generale italiana. Caduta in disuso durante gli anni settanta, venne riaperta al pubblico nel decennio successivo - grazie al restauro e alla manutenzione delle storiche vetture - ed è tuttora operativa.

➔ km 26,3

Basilica di Superga

Prezzo: gratuito (salita alla cupola 3,00 €)

Apertura: 10:00-13:00 14:30-17:00

Considerata uno dei capolavori settecenteschi per la sua architettura imponente e per le splendide rifiniture, la basilica di Superga è - insieme alla Mole Antonelliana - uno dei simboli più conosciuti della città di Torino.

L’edificazione di questo luogo di culto nacque per volontà del duca Vittorio Amedeo II che il 2 settembre 1706, mentre Torino era assediata dalle truppe francesi, salì sul colle per osservare dall’alto il campo di battaglia. Qui, al cospetto della statua della Madonna a cui era devoto, il duca fece un giuramento: se avesse vinto contro i Francesi avrebbe fatto costruire una monumentale chiesa esattamente su quelle alture. Quel che accadde è storia: il 7 settembre l’esercito piemontese vinse sul nemico, liberando definitivamente la città di Torino.

Fu l’architetto messinese Filippo Juvarra, uno dei massimi esponenti del barocco, che nel 1715 firmò il progetto per la costruzione della basilica. L'irregolare geografia del sito rendeva però difficile l'attuazione dei piani originali e si rese quindi necessario abbassare la cima del colle di quaranta metri, compito portato a termine in un solo anno grazie al duro lavoro di cento operai armati di semplici picconi, pale e carriole. Si dovettero comunque acquistare ulteriori terreni privati, dato che l'area ceduta dal comune non bastava a contenere il vasto piazzale immaginato da Juvarra.

Durante i lavori i più disparati materiali da costruzione – mattoni e pietre, legnami e marmi – venivano faticosamente trainati sulla cima del monte a dorso d'asino, lungo impervie mulattiere: la località ai piedi del colle, in cui tutto il materiale veniva accumulato in attesa del trasporto, prende da allora il nome di Sassi.

La prima pietra della struttura venne posata nel 1717 dal duca Vittorio Amedeo II, che nel frattempo era diventato re di Sicilia e Sardegna. La basilica fu finalmente inaugurata e aperta al pubblico il primo novembre 1731 - dopo quattordici anni di lavori - e dedicata alla “Madre del Salvatore, Salvatrice di Torino”, come recita un’iscrizione su lastra in marmo. Alla cerimonia inaugurale presero parte tutte le autorità ed un grande pubblico: mancava soltanto Vittorio Amedeo II, colui che per primo sognò il più bel monumento alla città, costretto dal figlio Carlo Emanuele III a rimanere recluso nella residenza francese di Chambery.

La basilica si articola attorno a una chiesa dalla pianta circolare preceduta da un pronao – ossia un ampio porticato - sorretto da otto colonne corinzie; ai lati del corpo centrale si trovano due campanili. L'edificio ha una lunghezza di 51 metri e raggiunge un’altezza massima di 75 metri proprio all’interno della vasta cupola, che è considerata un vero capolavoro d'ingegneria: la struttura è costituita da due calotte, una interna ed una esterna, divise da un’ampia intercapedine. Una scala a chiocciola di 131 gradini conduce alla balconata esterna da cui è possibile ammirare il sorprendente panorama che si estende dalla città di Torino fino alle montagne: da qui si possono infatti abbracciare, in un sol colpo d’occhio, il Monviso, le vallate del Canavese e le cime del Monte Rosa.

Gli interni, decorati dalle sculture di Agostino Cornacchini e Bernardino Cametti, custodiscono due preziose tele di Sebastiano Ricci: San Maurizio e San Luigi. All'interno della Cappella del voto si può ammirare la statua in legno della Madonna presso la quale il duca Vittorio Amedeo II prestò giuramento, vincendo la battaglia contro i Francesi. Nei sotterranei della basilica è presente una cripta contenente le Tombe Reali di Casa Savoia: pensata da Vittorio Amedeo II, fu realizzata soltanto anni dopo per volontà del nipote, re Vittorio Amedeo III. La stanza, a croce latina e riccamente decorata, ospita 62 sepolture: Vittorio Amedeo II e il figlio Carlo Emanuele III riposano ai lati opposti della sala, divisi anche dopo la morte.

All’esterno della basilica è possibile visitare l'incompiuta Residenza del Re, un edificio di tre piani fortemente voluto da Vittorio Amedeo II per trascorrervi gli ultimi anni della sua vita: non avendo ultimato la costruzione, i reali in visita a Superga furono costretti ad utilizzare come residenza d’appoggio alcune stanze del vicino convento. E proprio dal verdeggiante chiostro del convento si può infine accedere alla cosiddetta “Sala dei Papi”, così chiamata perché ospita l'unica raccolta al mondo di ritratti su tela di tutti i pontefici della storia. In questa insolita galleria sono raffigurati anche tutti gli antipapi, compreso naturalmente l'ultimo, che nel 1449 si sottomise all'autorità papale ricomponendo definitivamente la frattura nella cristianità. Era costui l'antipapa Felice V, meglio conosciuto al secolo come Amedeo VIII... di Savoia!

La tragedia di Superga

APPROFONDIMENTI

Il 4 maggio del 1949 alle ore 17:03 un aereo con a bordo la squadra di calcio del Grande Torino, di ritorno da un’amichevole a Lisbona contro il Benfica, si schianta contro il muraglione della Basilica di Superga. Trentuno sono le vittime: l’intera squadra perde la vita in un istante, inghiottita da un assordante boato, e assieme ai giocatori periscono anche i dirigenti, gli accompagnatori, l’intero equipaggio e tre noti giornalisti sportivi. Si salva soltanto il presidente del club, rimasto a casa per una provvidenziale influenza.

La squadra del Torino, romantica metafora di un'Italia che tornava a vincere dopo gli anni bui della guerra, all’epoca dell’incidente stava vivendo un lungo periodo di gloria calcistica: nelle ultime otto stagioni aveva conquistato cinque scudetti consecutivi e una Coppa Italia. L'impatto emotivo che seguì la catastrofe fu intenso e condiviso: i funerali si svolsero presso il duomo di Torino e videro una grandissima partecipazione popolare, quasi un milione di persone giunte da tutta Italia per fare un ultimo saluto alle vittime. Le esequie furono trasmesse in diretta radiofonica dalla Rai, tra i presenti anche Giulio Andreotti e Ottorino Barassi, presidente della FIGC. L’incidente risultò così scioccante nella percezione generale che l’anno seguente la nazionale italiana si recò ai campionati mondiali di calcio in Brasile a bordo di una nave.

Nel Museo del Grande Torino sono oggi conservati alcuni resti dell'aereo ed altri cimeli, tra cui le valigie di Mazzola, Maroso ed Erbstein. Il museo sorge nella prestigiosa Villa Claretta Assandri di Grugliasco ed è stato inaugurato il 4 maggio 2008, nel 59º anniversario della tragedia.

Il funesto evento è anche ricordato da una lapide sul retro della basilica di Superga e ogni 4 maggio una messa solenne viene celebrata in onore delle vittime. Dal 2015, in ricordo di questa perdita, la FIFA ha proclamato il 4 maggio “Giornata mondiale del calcio”.

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Ciclovie al km 32,0

Qui si incrocia la Corona di Delizie in bicicletta, un percorso cicloturistico ad anello che - in circa 100 km - consente di visitare le più famose residenze sabaude nei dintorni di Torino.

➔ km 37,0

Torino bookmark

Adagiata al centro di un anfiteatro naturale montuoso, la città di Torino è circondata da alcune delle più belle vette alpine: il Monviso da cui nasce il Po, il Rocciamelone, i massicci del Gran Paradiso e del Monte Rosa; nella zona sud-est della città è possibile anche intravedere il Cervino.

Torino è il quarto comune italiano per popolazione, con un'area metropolitana che conta circa 1,7 milioni di abitanti. Dalla fine del XIX secolo, e fino agli anni del boom economico, questa città ha giocato un ruolo cruciale nello sviluppo del Paese, quale centro di industrializzazione su larga scala insieme a Milano e Genova. Sede della più grande industria automobilistica italiana, è anche la città natale di alcuni fra i maggiori prodotti del Made in Italy gastronomico nel mondo: tra gli altri il vermut, i giandujotti, i grissini e il caffè espresso. Oggi Torino costituisce uno dei maggiori poli universitari, turistici, scientifici e culturali d'Italia.

Nel territorio circostante sono presenti numerose aree ed edifici protetti dall'Unesco, come le colline del Po (riserva della biosfera) e le residenze sabaude, oltre a monumenti di grande valore storico ed artistico quali la basilica di Superga, la palazzina di caccia di Stupinigi, la suggestiva Reggia di Venaria e la maestosa Sacra di San Michele. La città è anche attraversata dalla Via Francigena - ramo del Moncenisio - che dalla Val di Susa corre verso Chivasso e successivamente Vercelli, dove si congiunge con l'altro ramo, quello proveniente dal Colle del Gran San Bernardo.

L'etimologia del nome sarebbe legata al contesto naturale in cui si trova la città: la radice indoeuropea taur - o la celtica thor che richiama il greco oros - significa montagna e indica l’origine topografica del nome Torino. Nulla a che vedere, dunque, con il famoso toro spesso raffigurato e associato in tempi moderni alla città. Torino è anche detta "la città dei quattro fiumi": il Po naturalmente, che la attraversa da sud a nord, la Dora Riparia, che invece la taglia da ovest a est lambendo il centro storico, e per finire lo Stura di Lando e il Sangone.

Torino: un po' di storia

La storia della città è antica e la fondazione risale al III secolo a. C. ad opera dei Taurini, una popolazione celto-gallica che, secondo Polibio, viveva in un insediamento chiamato Taurasia o Taurinia, situato vicino alla confluenza tra il fiume Po e la Dora Riparia. Con l’imperatore Augusto, nel 28 a.C. l'abitato originale diventa una colonia romana con il nome di Augusta Taurinorum, feconda e attiva fino al 570 d. C. e centro strategico situato ad uno dei due estremi della via Gallica, un'importante arteria stradale romana che collegava i maggiori municipia della Pianura Padana a partire da Gradum, l'odierna Grado in Friuli Venezia Giulia. La moderna strada statale 11 Padana Superiore e in parte il percorso del Naviglio della Martesana, che passa per Milano, ricalcano ancora oggi l'antica via Gallica.

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente Torino passò sotto il controllo degli Ostrogoti e nel 596 venne occupata dai Longobardi, divenendo la capitale di un loro importante ducato. Con la discesa dei Franchi di Carlo Magno nel 773 la città divenne capoluogo di una vasta provincia che si estendeva fino alle pendici del Gran Paradiso e del Moncenisio e che, dal X secolo, comprese anche la confinante contea di Ivrea. La cosiddetta "Marca di Torino" era governata dalla dinastia arduinica: il matrimonio tra Adelaide di Susa e Oddone, figlio di Umberto I Biancamano e fondatore della casa Savoia, portò la città sotto l'influenza della dinastia sabauda. Torino venne ceduta definitivamente ai Savoia nel 1280, con il passaggio da Guglielmo VII di Monferrato a Tommaso III di Savoia.

La sua importanza strategica crebbe nel coso del secolo successivo e nel 1418 divenne la sede amministrativa dei domini subalpini del ducato, diventando in pratica la capitale dello Stato sabaudo. Gli echi della guerra di successione spagnola giunsero fino a Torino, assediata nel 1706 ma uscita vittoriosa nei confronti della controffensiva francese dopo aver resistito per ben 117 giorni. Nel 1713 i duchi di Savoia ottennero il titolo di Re di Sicilia e nel 1720, in cambio della Sicilia, di Sardegna.

La seconda campagna d'Italia ad opera di Napoleone portò nel 1802 l'annessione di Torino e dell'intero Piemonte alla Francia. Sotto il dominio napoleonico diverse opere d'arte vennero trafugate e portate Oltralpe: solo una parte fece ritorno in Italia. Nel 1814, caduto Napoleone, il Congresso di Vienna ristabilì l’ordine in Europa: i Savoia rientrarono a Torino e il Regno di Sardegna si ingrandì con l’annessione della Liguria.

Torino divenne formalmente capitale del Regno nel 1847, quando Carlo Alberto di Savoia concesse la cosiddetta "Fusione perfetta" fra tutti i suoi domini, e nel 1861 la città divenne la prima capitale del nuovo Stato unitario fino al 1865, quando il titolo passò a Firenze e successivamente, dal 1871, a Roma.

La fine del XIX secolo e l'inizio del novecento portarono a Torino un forte sviluppo industriale: nel 1899 Giovanni Agnelli, insieme ad altri soci, fondò la FIAT, seguito nel 1906 da Vincenzo Lancia con l'omonima fabbrica automobilistica. Nonostante i conflitti mondiali e i bombardamenti subiti, la crescita di Torino continuò costante: nel dopoguerra Torino divenne il simbolo della rinascita economica dell'Italia, attirando con le sue fabbriche centinaia di migliaia di emigranti dal Sud dell'Italia e dal Veneto.

Torino: una passeggiata in città

Grazie alla sua pianta geometrica, Torino è un luogo facile da visitare e in cui orientarsi risulta intuitivo. Vista dall'alto la città si presenta come una sorta di scacchiera, con un un ordinato tracciato che ricalca la forma dell'antico castrum romano: il cardo principale in direzione nord-sud e il decumano in direzione est-ovest si incrociano al centro e sono circondati da vie parallele su cui si sviluppa l'intero impianto urbano. I successivi ampliamenti hanno mantenuto questa impostazione uniforme e un po' severa che conferisce a Torino quell'aura di imponenza e - forse - di eccessiva seriosità.

In contrasto con vecchi preguidizi che la vedono grigia e industriale, Torino è caratterizzata dalla rilevante presenza di verde urbano: nei parchi cittadini sono presenti 100mila piante e gli splendidi viali – che richiamano alla mente i famosi boulevard parigini – contano ulteriori 60mila alberi che accompagnano i visitatori in lunghe passeggiate, a piedi o in bicicletta. Di norma questi viali sono suddivisi in due o tre carreggiate – ad esempio Corso Vittorio Emanuele, Corso Francia e Corso Regina Margherita - dedicate sia al traffico veicolare che a quello ciclo-pedonale. Platano, tiglio, bagolaro, acero e ippocastano sono le specie arboree maggiormente presenti. A conti fatti Torino può essere definita a pieno titolo una "green city": su una superficie cittadina di 130 km² vi sono infatti oltre 21 km² di aree verdi, posizionando il capoluogo al tredicesimo posto tra le città con più alberi al mondo.

Passeggiando senza meta, tra piazze e vie cittadine, ci si può anche imbattere in qualche mercato rionale: Torino ne conta ben 49, aperti tutti i giorni e dislocati in tutti i quartieri della città. Il più famoso è quello di Porta Palazzo (o Porta Pila, in piemontese), che è il mercato all'aperto più grande d'Europa. Altrettanto conosciuto è il Balon, un grande mercato dell'usato che si tiene ogni sabato all'aperto e che - la seconda domenica di ogni mese - si trasforma in "Gran Balon", dove oltre all'usato tradizionale è possibile anche trovare interessanti oggetti di antiquariato.

La Zona di Comando

Una visita a Torino non può tralasciare il cuore della città, dove è possibile ammirare il magnifico sistema delle Residenze Sabaude. Il complesso, dal 1997 patrimonio mondiale Unesco, è composto in totale da ventidue edifici, undici situati in centro a Torino e altrettanti nelle zone circostanti, chiamati "Corona di Delizie". La costruzione degli edifici reali risale alla seconda metà del Cinquecento quando la città, divenuta capitale del Ducato di Savoia, subì profonde trasformazioni a seguito di un vasto programma di rinnovamento voluto da Emanuele Filiberto, con l’obiettivo di celebrare il potere assoluto della casa regnante. I suoi successori proseguirono l'opera e diedero un nuovo volto alla capitale, che divenne un'importante metropoli di respiro europeo. L'omogeneità stilistica di questi edifici è dovuta al gruppo ristretto di architetti che li progettò - tra questi Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri, Claudio Francesco Beaumont - e che operò in maniera diffusa anche nelle residenze extraurbane.

La cosiddetta "Zona di Comando" è un ampio complesso di edifici connessi alla corte, sede del potere nel centro della città. Si parte da Palazzo Reale, le cui sale dai soffitti intagliati ospitano importanti collezioni d'arte e dove è possibile visitare anche gli appartamenti reali e la biblioteca; poco distante, l'Armeria possiede una tra le più scenografiche collezioni di armi e armature antiche del mondo. La passeggiata prosegue a breve distanza con il Palazzo della Prefettura e l'Archivio di Stato, tra i primi esempi – in tutto l'occidente – di edifici progettati con scopi amministrativi. La visita continua con il Teatro Regio, l’Accademia Militare e la Cavallerizza Reale, abbandonata e vittima da tre incendi tra il 2014 e il 2019. Si prosegue il giro con Palazzo Chiablese – donato da Emanuele Filiberto alla sua amante marchesa Beatrice Langosco di Stroppiana - e Palazzo Madama, che oggi ospita il Museo Civico d'Arte Antica ma da duemila anni si erge a difesa della città, porta orientale dell'antica Augusta Taurinorum. Si conclude infine con Palazzo Carignano, nel 1859 sede del primo Parlamento italiano. I Giardini Reali, sette ettari di fiori e alberi che circondano il complesso delle Residenze, sono un esempio del verde cittadino che ossigena e ristora la città.

Accanto ai giardini si può ammirare la cattedrale di San Giovanni Battista, il Duomo di Torino: un edificio in stile rinascimentale costruito alla fine del 1400 e poi ampliato nel corso del Seicento. La facciata e gli interni hanno subito un profondo restauro a seguito dello spaventoso incendio del 1997 che ne aveva distrutto una buona parte. All'interno del Duomo si può visitare la cappella della Sacra Sindone, che custodisce i resti del sacro lenzuolo; l'alzato della cappella, nell'intreccio dei suoi diversi elementi, rappresenta un unicum architettonico nel panorama europeo.

—2,1➔ km 34,9

Chiesa della Gran Madre di Dio

Su progetto di Ferdinando Bonsignore – architetto di corte di chiara scuola neoclassica – e dichiaratamente disegnata sul modello del Pantheon di Roma, la Chiesa della Gran Madre di Dio è ancora oggi uno dei principali luoghi di culto della città di Torino. Un'infondata leggenda la vuole costruita sulle vestigia di un tempio dedicato alla dea egizia Iside, simbolo di fertilità e anche conosciuta come la Grande Madre: certo è che il tempio sorge in uno dei siti più suggestivi della parte orientale della città, dove - come in cartolina - l'occhio può seguire un'ideale linea prospettica che parte da Piazza Castello e si congiunge al prospicente Monte dei Cappuccini.

Costruita tra il 1818 e il 1831, la chiesa fu voluta dai decurioni torinesi - una sorta di amministratori comunali dei tempi - per celebrare la fine del dominio francese in Piemonte, la sconfitta dell'esercito napoleonico e il ritorno in città del re Vittorio Emanuele I di Savoia. Vista dall'esterno, l'imponenza della struttura è accresciuta dal piedistallo su cui è costruita; un'ampia scalinata conduce all'ingresso, preceduto da un alto porticato sostenuto da colonne corinzie di chiara ispirazione classica. Il timpano raffigura la Madonna omaggiata dai decurioni torinesi, committenti dell'intero edificio, e reca l'iscrizione "ordo popvlvsqve tavrinvs ob adventvm regis" che onora l'arrivo del re in città, anche se sarebbe stato più corretto parlare di un ritorno del monarca dopo l'esilio volontario in Sardegna.

Gli interni sono sobri, la pianta è circolare, al termine dell'unica navata si trova l'altare maggiore affiancato da due colonne di rosso porfido. La statua della Madonna con Bambino, dietro all'altare e opera dello scultore Andrea Galassi, si trova al centro di raggi dorati ed è sovrastata da una grossa corona in legno. Ma è senza dubbio l'elegante cupola l'artefatto che più cattura l'attenzione del visitatore: considerata capolavoro del neoclassico piemontese, è decorata con cassettoni ottogonali stuccati - detti lacunari – e culmina con un'apertura circolare da cui filtrano i raggi del sole; il 24 giugno di ogni anno, festa di Giovanni Battista, un fascio di luce naturale illumina la statua del santo posta in una nicchia a lato dell'altare. Nel basamento della chiesa trova inoltre posto il Sacrario dei Caduti nella Prima Guerra Mondiale, una cripta che dal 1932 ospita le ossa dei 3851 caduti nella Grande Guerra.

Una volta tornati all'aria aperta, dall'alto del piedistallo si può godere di una delle più belle viste sulla città. Gli appassionati dell'occulto non mancheranno tuttavia di arrovellarsi sul mistero che circonda la statua della Fede: l'opera è collocata su uno dei due lati della scalinata esterna – sull'altro si trova la statua della Religione – e solleva con la mano sinistra un calice che le fantasie popolari identificano con il Sacro Graal. Leggenda vuole che la coppa più ricercata della cristianità si sia fermata proprio a Torino, sepolta nei paraggi della Grande Madre, proprio nel punto fissato dallo sguardo della statua. Basterebbe semplicemente scavare ma - particolare non trascurabile - pare che lo scultore abbia scordato di incidere le pupille sul volto della figura, rendendone l'espressione indecifrabile e nascondendo per sempre la perduta reliquia.

—2,1➔ km 34,9

Murazzi del Po

Sulla sponda sinistra del Po, a nord e a sud del ponte Vittorio Emanuele I, sorgono i Murazzi: antiche rimesse navali, fondaci e approdi che ricordano ancora oggi i tempi in cui il grande fiume era pescoso e navigabile. Costruiti in due momenti diversi del XIX secolo, più precisamente negli anni '30 e negli anni '70, prendono il nome dai solidi argini che difendevano la città di Torino dalle piene.

Divenuto sobborgo degradato negli anni '50 del secolo scorso – principalmente a causa dell'inquinamento che allontanò i pescatori dalla zona – il quartiere visse una seconda vita grazie ad un felice piano di riqualificazione degli anni '70: il ripristino della navigazione fluviale turistica e le agevolazioni nell'apertura di locali notturni resero i Murazzi un punto di riferimento per la movida notturna del capoluogo piemontese e dell'intero Nord Italia; molti ricordano come in questi paraggi si consumò una delle più memorabili parentesi musicali – e non solo musicali – di tutti gli anni '90.

Chiusi nuovamente - e completamente - nel 2012 per problemi di ordine pubblico legati alla sicurezza delle strutture, dal 2018 questi luoghi godono di una terza giovinezza: ristoranti e cocktail bar sono infatti tornati a popolare il quartiere ed è oggi possibile trascorrere una tranquilla serata di svago sul lungofiume, magari preceduta da una rilassante passeggiata all'ora del tramonto, quando la luce del sole tinge d'arancione la vicina Gran Madre e la sagoma della basilica di Superga.

➔ km 37,0+1,3 

Mole antonelliana

Via Montebello, 20 (Torino, TO)

Prezzo: 9,00-20,00 €

Apertura: 09:00-19:00 (martedì chiuso)

Incisa sui due centesimi d'euro, stampata su francobolli, fotografata da milioni di turisti e raffigurata su incalcolabili manifesti e cartoline, la Mole Antonelliana rimane tuttora l'immagine più famosa della città di Torino e rappresenta uno dei monumenti simbolo dell'Italia intera. Il nome ricorda la sua vertiginosa altezza e l'altrettanto massiccia struttura; al contempo, rende omaggio all'uomo che la concepì, superando i limiti dell'epoca e sognando un edificio che sfidasse il cielo: l'architetto Alessandro Antonelli.

Lo Statuto Albertino del 1848 concesse ai sudditi del Regno d'Italia la libertà di culto, pertanto la comunità ebraica torinese si organizzò – e raccolse i fondi – per la costruzione di un tempio israelita in città: per il progetto fu scelto Antonelli, al tempo già noto per aver diretto i lavori della maestosa cupola di San Gaudenzio a Novara. La scelta dell'architetto, però, si rivelò presto assai infelice: preoccupava innanzitutto la bizzarra forma dell'edificio - una sorta di grossa cupola squadrata – a cui si sommarono l'instabilità della costruzione e le continue modifiche in corso d'opera che miravano ad incrementare l'altezza del palazzo, dai 47 metri concordati fino a ben 113 metri. Una volta esauriti i fondi, i committenti si decisero ad interrompere i lavori: la Mole incompiuta si fermò a 70 metri, fu realizzato un tetto provvisorio e nel 1873 l'edificio fu letteralmente barattato col comune di Torino in cambio di un nuovo terreno su cui costruire finalmente la sinagoga, che è tuttora visitabile nel quartiere San Salvario.

Il comune, nuovo proprietario, optò per la conclusione dei lavori: l'opera finita sarebbe stata dedicata al re Vittorio Emanuele II. Sulla sommità della cupola fu innalzato un edificio di due piani a base quadrata, circondato da colonne e battezzato Tempietto: era il 1885 e la Mole raggiungeva ormai i 90 metri. Interrompendo il motivo quadrato, sul tempietto fu aggiunta la cosiddetta Lanterna, un ulteriore colonnato a base circolare che portò l'intera struttura all'impressionante altezza di 113 metri: nel 1885 l'opera poteva dirsi conclusa.

Ma - come dicono - quando si sogna, occorre sognare in grande: la base circolare della lanterna offriva ancora spazio per poter collocare la Guglia, un ultimo stadio a sezione ottagonale munito di dieci terrazzini raggiungibili da un'angusta scala. Antonelli seguì personalmente il lavori - un novantenne avventurosamente issato da un rudimentale ascensore a decine di metri di altezza – e il suo sogno non si interruppe neppure con la morte, avvenuta nel 1888: il figlio Costanzo terminò i lavori e con la posa del Genio Alato – tre quintali di statua in rame sbalzato – il 10 aprile 1889 la Mole raggiunse la definitiva e sbalorditiva altezza di 167,5 metri.

Il colosso in cemento e mattoni non mancò di infrangere alcuni record del tempo: malgrado la Torre Eiffel – inaugurata solo dieci giorni prima – risultasse l'artefatto umano più alto al mondo, alla Mole spettò il record di edificio più alto, superato solo nel 1908 dal grattacielo Singer Building di New York. Il crollo della guglia nel 1953 – che schiantandosi al suolo sfiorò gli uffici Rai in cui lavorava Piero Angela – tolse alla Mole anche il primato di edificio in semplici mattoni più alto al mondo: la guglia fu infatti ricostruita in cemento armato e oggi questo primato spetta al Philadelphia City Hall, il municipio di Filadelfia.

Oggi la Mole antonelliana ospita la sede permanente del Museo Nazionale del Cinema di Torino: ricco di reperti e curiosità, testimonia concretamente la vocazione torinese per l'industria cinematografica. Fino al 1937, anno di inaugurazione di Cinecittà a Roma, Torino è difatti stata la capitale italiana del cinema: nelle le sue vie i fratelli Lumière proiettarono per la prima volta un film per il pubblico italiano e proprio negli studi torinesi fu realizzato nel 1914 uno dei primi colossal della storia del cinema, Cabiria.

Accanto ad antiche macchine cinematografiche, lanterne magiche e reperti di scena provenienti da vecchi set, l'interno del museo custodisce anche la statua del Genio Alato: abbattuta nel 1904 da un violento temporale rimase miracolosamente in bilico sulla cima della guglia, senza causare danni né feriti, al punto che qualcuno tuttora la considera la personificazione di Tauriel, l'angelo protettore di Torino. Chi non soffre di vertigini può infine concedersi un'emozionante corsa sul moderno ascensore collocato esattamente al centro della struttura: si tratta di una gabbia trasparente - mantenuta in posizione solo da funi metalliche - che consente di raggiungere la cima della cupola librandosi nel vuoto e, dall'alto del tempietto, ammirare un panorama sulla città decisamente unico.

La Corona di Delizie

Le costruzioni sabaude situate fuori città costituiscono la cosiddetta "Corona di Delizie", un sistema di maisons de plaisanceparchi, residenze reali e castelli - dove i Savoia amavano spostarsi per dedicarsi allo svago, al riposo, alle feste e alla caccia. Disposte a raggiera intorno a Torino, ambivano a rimarcare il ruolo centrale della capitale.

A una decina di chilometri dalla città, tra le più suggestive e conosciute residenze vi è la Reggia di Venaria, un complesso monumentale di 80mila metri quadrati e 60 ettari di giardini. La Fontana del Cervo è una delle più suggestive fontane al mondo: i suoi cento ugelli - alti fino a dodici metri - prendono vita ad orari regolari in occasione dell'emozionante spettacolo Teatro d'Acqua.

Proseguendo in una sorta di anello in senso antiorario si giunge al Castello di Rivoli, proprietà dei Savoia dal 1247 e prima sede della corte del ducato sabaudo. Subito colpisce la sua imponenza ma anche l’incompiutezza della costruzione, a metà tra castello e palazzo ducale, che crea una suggestiva linea di continuità tra passato e futuro. Oggi il castello è sede del Museo d’Arte Contemporanea; il complesso è arricchito dalla presenza della Manica Lunga, un edificio stretto e lungo destinato ad ospitare la pinacoteca ducale.

Una ventina di chilometri e si incontra la Palazzina di caccia di Stupinigi, residenza dedicata all'attività venatoria e alle feste. Oggi meritano la visita la scuderia settecentesca, la biblioteca, il salone centrale e gli appartamenti reali. Lungo il percorso si possono ammirare curiosità come gli esotici Gabinetti cinesi, il Salotto degli specchi e la Sala da gioco.

Continuando verso est, il Castello di Moncalieri svetta con la sua austera architettura dalla sommità del Monte Calvo a protezione di Moncalieri e a controllo della porta sud d’ingresso a Torino. Fu molto amato dalle donne di Casa Savoia, come la regina Maria Adelaide e le principesse Clotilde e Letizia. È stato riaperto al pubblico nel novembre 2017 dopo nove anni di chiusura a seguito di un incendio.

A chiudere simbolicamente il percorso ad anello troviamo la Villa della Regina, per secoli residenza di molte sovrane sabaude, a cui deve oggi il suo nome. Dotata di padiglioni aulici, grotte e giochi d’acqua nei giardini, secondo il progetto originale doveva diventare una sontuosa residenza di campagna circondata da vigneti. Nonostante il passare del tempo e i danneggiamenti dovuti ai bombardamenti della guerra, oggi è ancora possibile visitare - all’esterno della villa - l'unico esempio di vigneto urbano di Torino.

Anche le restanti residenze sabaude della Corona di Delizie - il Castello del Valentino, il Castello di Agliè, il Castello di Govone e diverse altre - si trovano nella cerchia ristretta al di fuori di Torino: meta di amate e bucoliche gite fuori porta, possono essere visitate anche in bicicletta grazie alla presenza di una ciclovia inaugurata nel 2011. La Corona di Delizie in Bicicletta è un percorso ciclabile di 90 chilometri che permette di visitare le Residenze Reali attraversando i parchi intorno alla città e che - come una sorta di tangenziale verde - consente di collegarsi ad altri itinerari ciclabili che dalla città si proiettano verso l’esterno: la ciclostrada della Val di Susa, le ciclabili del Parco fluviale del Po e quelle lungo la Stura di Lanzo.

L'abbazia di Vezzolano
Abbazia di Vezzolano: la facciata
La vista da Cinzano spazia fino al colle di Superga
La basilica di Superga
Basilica di Superga: la cupola
La splendida vista su Torino dal colle di Superga
Il fiume Po all'altezza dei Murazzi
La Mole antonelliana

Mangiare e dormire

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➔ 7,64

Ai Capperi 
location_on Via Cassina — Cinzano (TO)

Prezzo add_circleradio_button_uncheckedradio_button_unchecked  call +393286535409  mail marialuisa.leone54@gmail.com  

Piccolo ristorante in collina, terrazza esterna e buon rapporto qualità prezzo.

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➔ 12,76

MinimarketLM 
location_on Via Roma, 1 — Sciolze (TO)

Prezzo add_circleradio_button_uncheckedradio_button_unchecked  call +393519868197  

Grazioso bar e minimarket di paese, consigliato per una breve sosta o per un abbondante panino preparato sul momento.

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➔ 25,12

Agriturismo Ai Guiet 
location_on Via Superga, 48 — Baldissero Torinese (TO)

Prezzo add_circleadd_circleradio_button_unchecked  call +39119407560  jamboard_kiosk www.agriturismoaiguiet.it  

Immerso nei boschi del Parco della Collina di Torino, a pochi chilometri dalla città e dalla basilica di Superga.

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➔ 25,57

Bel Deuit 
location_on Via Superga, 58 — Baldissero Torinese (TO)

Prezzo add_circleadd_circleradio_button_unchecked  call +39119407736  jamboard_kiosk www.ristorantebeldeuit.com  

La trattoria propone piatti e e vini piemontesi in un locale intimo con soffitto di mattoni e un'ampia terrazza.

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➔ 37,02
+1,66

Mercato Centrale Torino 
location_on Piazza della Repubblica, 25 — Torino (TO)

Prezzo add_circleadd_circleradio_button_unchecked  call +39110898040  jamboard_kiosk www.mercatocentrale.it  

Il Mercato Centrale offre la possibilità di una spesa veloce, di un pranzo caldo o di una vera e propria esperienza gastronomica grazie ai tavoli condivisi di numerosi bar e ristoranti all'interno di un'area di oltre 4mila quadrati.

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➔ 37,02
+1,49

Caffè Al Bicerin 
location_on Piazza della Consolata, 5 — Torino (TO)

Prezzo add_circleadd_circleadd_circle  call +39114369325  jamboard_kiosk bicerin.it  

Frequentato da Nietzsche e Puccini, citato da Umberto Eco nel libro Il cimitero di Praga: in questo storico locale - aperto dal 1763 - pare sia nata la ricetta originale del bicerin; il costo non è indifferente ma gustare il celebre caffè torinese allo stesso tavolo di Cavour non ha prezzo.

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➔ 37,02
+1,64

La Piola di Alfredo 
location_on Via Sant'Ottavio, 44 — Torino (TO)

Prezzo add_circleadd_circleradio_button_unchecked  call +393337664584  

In questa sincera piola - ristorante tipico torinese - si può gustare la cucina tipica della città a prezzi corretti.

Mangiare e Dormire

icon Alberghi e Hotel
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icon Alimentari e Market

Chiese e Monumenti

icon Chiese e Monasteri
icon Monumenti e Storia
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Meraviglie della Natura

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Viaggiare ed Esplorare

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Servizi e Informazioni

icon Tutti i servizi
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Raccomandazioni e Avvertimenti

icon Fondo sconnesso
icon Strada pericolosa
icon Incrocio pericoloso
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