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Adagiata al centro di un anfiteatro naturale montuoso, la città di Torino è circondata da alcune delle più belle vette alpine: il Monviso da cui nasce il Po, il Rocciamelone, i massicci del Gran Paradiso e del Monte Rosa; nella zona sud-est della città è possibile anche intravedere il Cervino.

Torino è il quarto comune italiano per popolazione, con un'area metropolitana che conta circa 1,7 milioni di abitanti. Dalla fine del XIX secolo, e fino agli anni del boom economico, questa città ha giocato un ruolo cruciale nello sviluppo del Paese, quale centro di industrializzazione su larga scala insieme a Milano e Genova. Sede della più grande industria automobilistica italiana, è anche la città natale di alcuni fra i maggiori prodotti del Made in Italy gastronomico nel mondo: tra gli altri il vermut, i giandujotti, i grissini e il caffè espresso. Oggi Torino costituisce uno dei maggiori poli universitari, turistici, scientifici e culturali d'Italia.

Nel territorio circostante sono presenti numerose aree ed edifici protetti dall'Unesco, come le colline del Po (riserva della biosfera) e le residenze sabaude, oltre a monumenti di grande valore storico ed artistico quali la basilica di Superga, la palazzina di caccia di Stupinigi, la suggestiva Reggia di Venaria e la maestosa Sacra di San Michele. La città è anche attraversata dalla Via Francigena - ramo del Moncenisio - che dalla Val di Susa corre verso Chivasso e successivamente Vercelli, dove si congiunge con l'altro ramo, quello proveniente dal Colle del Gran San Bernardo.

L'etimologia del nome sarebbe legata al contesto naturale in cui si trova la città: la radice indoeuropea taur - o la celtica thor che richiama il greco oros - significa montagna e indica l’origine topografica del nome Torino. Nulla a che vedere, dunque, con il famoso toro spesso raffigurato e associato in tempi moderni alla città. Torino è anche detta "la città dei quattro fiumi": il Po naturalmente, che la attraversa da sud a nord, la Dora Riparia, che invece la taglia da ovest a est lambendo il centro storico, e per finire lo Stura di Lando e il Sangone.

Torino: un po' di storia

La storia della città è antica e la fondazione risale al III secolo a. C. ad opera dei Taurini, una popolazione celto-gallica che, secondo Polibio, viveva in un insediamento chiamato Taurasia o Taurinia, situato vicino alla confluenza tra il fiume Po e la Dora Riparia. Con l’imperatore Augusto, nel 28 a.C. l'abitato originale diventa una colonia romana con il nome di Augusta Taurinorum, feconda e attiva fino al 570 d. C. e centro strategico situato ad uno dei due estremi della via Gallica, un'importante arteria stradale romana che collegava i maggiori municipia della Pianura Padana a partire da Gradum, l'odierna Grado in Friuli Venezia Giulia. La moderna strada statale 11 Padana Superiore e in parte il percorso del Naviglio della Martesana, che passa per Milano, ricalcano ancora oggi l'antica via Gallica.

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente Torino passò sotto il controllo degli Ostrogoti e nel 596 venne occupata dai Longobardi, divenendo la capitale di un loro importante ducato. Con la discesa dei Franchi di Carlo Magno nel 773 la città divenne capoluogo di una vasta provincia che si estendeva fino alle pendici del Gran Paradiso e del Moncenisio e che, dal X secolo, comprese anche la confinante contea di Ivrea. La cosiddetta "Marca di Torino" era governata dalla dinastia arduinica: il matrimonio tra Adelaide di Susa e Oddone, figlio di Umberto I Biancamano e fondatore della casa Savoia, portò la città sotto l'influenza della dinastia sabauda. Torino venne ceduta definitivamente ai Savoia nel 1280, con il passaggio da Guglielmo VII di Monferrato a Tommaso III di Savoia.

La sua importanza strategica crebbe nel coso del secolo successivo e nel 1418 divenne la sede amministrativa dei domini subalpini del ducato, diventando in pratica la capitale dello Stato sabaudo. Gli echi della guerra di successione spagnola giunsero fino a Torino, assediata nel 1706 ma uscita vittoriosa nei confronti della controffensiva francese dopo aver resistito per ben 117 giorni. Nel 1713 i duchi di Savoia ottennero il titolo di Re di Sicilia e nel 1720, in cambio della Sicilia, di Sardegna.

La seconda campagna d'Italia ad opera di Napoleone portò nel 1802 l'annessione di Torino e dell'intero Piemonte alla Francia. Sotto il dominio napoleonico diverse opere d'arte vennero trafugate e portate Oltralpe: solo una parte fece ritorno in Italia. Nel 1814, caduto Napoleone, il Congresso di Vienna ristabilì l’ordine in Europa: i Savoia rientrarono a Torino e il Regno di Sardegna si ingrandì con l’annessione della Liguria.

Torino divenne formalmente capitale del Regno nel 1847, quando Carlo Alberto di Savoia concesse la cosiddetta "Fusione perfetta" fra tutti i suoi domini, e nel 1861 la città divenne la prima capitale del nuovo Stato unitario fino al 1865, quando il titolo passò a Firenze e successivamente, dal 1871, a Roma.

La fine del XIX secolo e l'inizio del novecento portarono a Torino un forte sviluppo industriale: nel 1899 Giovanni Agnelli, insieme ad altri soci, fondò la FIAT, seguito nel 1906 da Vincenzo Lancia con l'omonima fabbrica automobilistica. Nonostante i conflitti mondiali e i bombardamenti subiti, la crescita di Torino continuò costante: nel dopoguerra Torino divenne il simbolo della rinascita economica dell'Italia, attirando con le sue fabbriche centinaia di migliaia di emigranti dal Sud dell'Italia e dal Veneto.

Torino: una passeggiata in città

Grazie alla sua pianta geometrica, Torino è un luogo facile da visitare e in cui orientarsi risulta intuitivo. Vista dall'alto la città si presenta come una sorta di scacchiera, con un un ordinato tracciato che ricalca la forma dell'antico castrum romano: il cardo principale in direzione nord-sud e il decumano in direzione est-ovest si incrociano al centro e sono circondati da vie parallele su cui si sviluppa l'intero impianto urbano. I successivi ampliamenti hanno mantenuto questa impostazione uniforme e un po' severa che conferisce a Torino quell'aura di imponenza e - forse - di eccessiva seriosità.

In contrasto con vecchi preguidizi che la vedono grigia e industriale, Torino è caratterizzata dalla rilevante presenza di verde urbano: nei parchi cittadini sono presenti 100mila piante e gli splendidi viali – che richiamano alla mente i famosi boulevard parigini – contano ulteriori 60mila alberi che accompagnano i visitatori in lunghe passeggiate, a piedi o in bicicletta. Di norma questi viali sono suddivisi in due o tre carreggiate – ad esempio Corso Vittorio Emanuele, Corso Francia e Corso Regina Margherita - dedicate sia al traffico veicolare che a quello ciclo-pedonale. Platano, tiglio, bagolaro, acero e ippocastano sono le specie arboree maggiormente presenti. A conti fatti Torino può essere definita a pieno titolo una "green city": su una superficie cittadina di 130 km² vi sono infatti oltre 21 km² di aree verdi, posizionando il capoluogo al tredicesimo posto tra le città con più alberi al mondo.

Passeggiando senza meta, tra piazze e vie cittadine, ci si può anche imbattere in qualche mercato rionale: Torino ne conta ben 49, aperti tutti i giorni e dislocati in tutti i quartieri della città. Il più famoso è quello di Porta Palazzo (o Porta Pila, in piemontese), che è il mercato all'aperto più grande d'Europa. Altrettanto conosciuto è il Balon, un grande mercato dell'usato che si tiene ogni sabato all'aperto e che - la seconda domenica di ogni mese - si trasforma in "Gran Balon", dove oltre all'usato tradizionale è possibile anche trovare interessanti oggetti di antiquariato.

La Zona di Comando

Una visita a Torino non può tralasciare il cuore della città, dove è possibile ammirare il magnifico sistema delle Residenze Sabaude. Il complesso, dal 1997 patrimonio mondiale Unesco, è composto in totale da ventidue edifici, undici situati in centro a Torino e altrettanti nelle zone circostanti, chiamati "Corona di Delizie". La costruzione degli edifici reali risale alla seconda metà del Cinquecento quando la città, divenuta capitale del Ducato di Savoia, subì profonde trasformazioni a seguito di un vasto programma di rinnovamento voluto da Emanuele Filiberto, con l’obiettivo di celebrare il potere assoluto della casa regnante. I suoi successori proseguirono l'opera e diedero un nuovo volto alla capitale, che divenne un'importante metropoli di respiro europeo. L'omogeneità stilistica di questi edifici è dovuta al gruppo ristretto di architetti che li progettò - tra questi Filippo Juvarra, Benedetto Alfieri, Claudio Francesco Beaumont - e che operò in maniera diffusa anche nelle residenze extraurbane.

La cosiddetta "Zona di Comando" è un ampio complesso di edifici connessi alla corte, sede del potere nel centro della città. Si parte da Palazzo Reale, le cui sale dai soffitti intagliati ospitano importanti collezioni d'arte e dove è possibile visitare anche gli appartamenti reali e la biblioteca; poco distante, l'Armeria possiede una tra le più scenografiche collezioni di armi e armature antiche del mondo. La passeggiata prosegue a breve distanza con il Palazzo della Prefettura e l'Archivio di Stato, tra i primi esempi – in tutto l'occidente – di edifici progettati con scopi amministrativi. La visita continua con il Teatro Regio, l’Accademia Militare e la Cavallerizza Reale, abbandonata e vittima da tre incendi tra il 2014 e il 2019. Si prosegue il giro con Palazzo Chiablese – donato da Emanuele Filiberto alla sua amante marchesa Beatrice Langosco di Stroppiana - e Palazzo Madama, che oggi ospita il Museo Civico d'Arte Antica ma da duemila anni si erge a difesa della città, porta orientale dell'antica Augusta Taurinorum. Si conclude infine con Palazzo Carignano, nel 1859 sede del primo Parlamento italiano. I Giardini Reali, sette ettari di fiori e alberi che circondano il complesso delle Residenze, sono un esempio del verde cittadino che ossigena e ristora la città.

Accanto ai giardini si può ammirare la cattedrale di San Giovanni Battista, il Duomo di Torino: un edificio in stile rinascimentale costruito alla fine del 1400 e poi ampliato nel corso del Seicento. La facciata e gli interni hanno subito un profondo restauro a seguito dello spaventoso incendio del 1997 che ne aveva distrutto una buona parte. All'interno del Duomo si può visitare la cappella della Sacra Sindone, che custodisce i resti del sacro lenzuolo; l'alzato della cappella, nell'intreccio dei suoi diversi elementi, rappresenta un unicum architettonico nel panorama europeo.

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Chiesa della Gran Madre di Dio

Su progetto di Ferdinando Bonsignore – architetto di corte di chiara scuola neoclassica – e dichiaratamente disegnata sul modello del Pantheon di Roma, la Chiesa della Gran Madre di Dio è ancora oggi uno dei principali luoghi di culto della città di Torino. Un'infondata leggenda la vuole costruita sulle vestigia di un tempio dedicato alla dea egizia Iside, simbolo di fertilità e anche conosciuta come la Grande Madre: certo è che il tempio sorge in uno dei siti più suggestivi della parte orientale della città, dove - come in cartolina - l'occhio può seguire un'ideale linea prospettica che parte da Piazza Castello e si congiunge al prospicente Monte dei Cappuccini.

Costruita tra il 1818 e il 1831, la chiesa fu voluta dai decurioni torinesi - una sorta di amministratori comunali dei tempi - per celebrare la fine del dominio francese in Piemonte, la sconfitta dell'esercito napoleonico e il ritorno in città del re Vittorio Emanuele I di Savoia. Vista dall'esterno, l'imponenza della struttura è accresciuta dal piedistallo su cui è costruita; un'ampia scalinata conduce all'ingresso, preceduto da un alto porticato sostenuto da colonne corinzie di chiara ispirazione classica. Il timpano raffigura la Madonna omaggiata dai decurioni torinesi, committenti dell'intero edificio, e reca l'iscrizione "ordo popvlvsqve tavrinvs ob adventvm regis" che onora l'arrivo del re in città, anche se sarebbe stato più corretto parlare di un ritorno del monarca dopo l'esilio volontario in Sardegna.

Gli interni sono sobri, la pianta è circolare, al termine dell'unica navata si trova l'altare maggiore affiancato da due colonne di rosso porfido. La statua della Madonna con Bambino, dietro all'altare e opera dello scultore Andrea Galassi, si trova al centro di raggi dorati ed è sovrastata da una grossa corona in legno. Ma è senza dubbio l'elegante cupola l'artefatto che più cattura l'attenzione del visitatore: considerata capolavoro del neoclassico piemontese, è decorata con cassettoni ottogonali stuccati - detti lacunari – e culmina con un'apertura circolare da cui filtrano i raggi del sole; il 24 giugno di ogni anno, festa di Giovanni Battista, un fascio di luce naturale illumina la statua del santo posta in una nicchia a lato dell'altare. Nel basamento della chiesa trova inoltre posto il Sacrario dei Caduti nella Prima Guerra Mondiale, una cripta che dal 1932 ospita le ossa dei 3851 caduti nella Grande Guerra.

Una volta tornati all'aria aperta, dall'alto del piedistallo si può godere di una delle più belle viste sulla città. Gli appassionati dell'occulto non mancheranno tuttavia di arrovellarsi sul mistero che circonda la statua della Fede: l'opera è collocata su uno dei due lati della scalinata esterna – sull'altro si trova la statua della Religione – e solleva con la mano sinistra un calice che le fantasie popolari identificano con il Sacro Graal. Leggenda vuole che la coppa più ricercata della cristianità si sia fermata proprio a Torino, sepolta nei paraggi della Grande Madre, proprio nel punto fissato dallo sguardo della statua. Basterebbe semplicemente scavare ma - particolare non trascurabile - pare che lo scultore abbia scordato di incidere le pupille sul volto della figura, rendendone l'espressione indecifrabile e nascondendo per sempre la perduta reliquia.

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Murazzi del Po

Sulla sponda sinistra del Po, a nord e a sud del ponte Vittorio Emanuele I, sorgono i Murazzi: antiche rimesse navali, fondaci e approdi che ricordano ancora oggi i tempi in cui il grande fiume era pescoso e navigabile. Costruiti in due momenti diversi del XIX secolo, più precisamente negli anni '30 e negli anni '70, prendono il nome dai solidi argini che difendevano la città di Torino dalle piene.

Divenuto sobborgo degradato negli anni '50 del secolo scorso – principalmente a causa dell'inquinamento che allontanò i pescatori dalla zona – il quartiere visse una seconda vita grazie ad un felice piano di riqualificazione degli anni '70: il ripristino della navigazione fluviale turistica e le agevolazioni nell'apertura di locali notturni resero i Murazzi un punto di riferimento per la movida notturna del capoluogo piemontese e dell'intero Nord Italia; molti ricordano come in questi paraggi si consumò una delle più memorabili parentesi musicali – e non solo musicali – di tutti gli anni '90.

Chiusi nuovamente - e completamente - nel 2012 per problemi di ordine pubblico legati alla sicurezza delle strutture, dal 2018 questi luoghi godono di una terza giovinezza: ristoranti e cocktail bar sono infatti tornati a popolare il quartiere ed è oggi possibile trascorrere una tranquilla serata di svago sul lungofiume, magari preceduta da una rilassante passeggiata all'ora del tramonto, quando la luce del sole tinge d'arancione la vicina Gran Madre e la sagoma della basilica di Superga.

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Mole antonelliana

Via Montebello, 20 (Torino, TO)

Prezzo: 9,00-20,00 €

Apertura: 09:00-19:00 (martedì chiuso)

Incisa sui due centesimi d'euro, stampata su francobolli, fotografata da milioni di turisti e raffigurata su incalcolabili manifesti e cartoline, la Mole Antonelliana rimane tuttora l'immagine più famosa della città di Torino e rappresenta uno dei monumenti simbolo dell'Italia intera. Il nome ricorda la sua vertiginosa altezza e l'altrettanto massiccia struttura; al contempo, rende omaggio all'uomo che la concepì, superando i limiti dell'epoca e sognando un edificio che sfidasse il cielo: l'architetto Alessandro Antonelli.

Lo Statuto Albertino del 1848 concesse ai sudditi del Regno d'Italia la libertà di culto, pertanto la comunità ebraica torinese si organizzò – e raccolse i fondi – per la costruzione di un tempio israelita in città: per il progetto fu scelto Antonelli, al tempo già noto per aver diretto i lavori della maestosa cupola di San Gaudenzio a Novara. La scelta dell'architetto, però, si rivelò presto assai infelice: preoccupava innanzitutto la bizzarra forma dell'edificio - una sorta di grossa cupola squadrata – a cui si sommarono l'instabilità della costruzione e le continue modifiche in corso d'opera che miravano ad incrementare l'altezza del palazzo, dai 47 metri concordati fino a ben 113 metri. Una volta esauriti i fondi, i committenti si decisero ad interrompere i lavori: la Mole incompiuta si fermò a 70 metri, fu realizzato un tetto provvisorio e nel 1873 l'edificio fu letteralmente barattato col comune di Torino in cambio di un nuovo terreno su cui costruire finalmente la sinagoga, che è tuttora visitabile nel quartiere San Salvario.

Il comune, nuovo proprietario, optò per la conclusione dei lavori: l'opera finita sarebbe stata dedicata al re Vittorio Emanuele II. Sulla sommità della cupola fu innalzato un edificio di due piani a base quadrata, circondato da colonne e battezzato Tempietto: era il 1885 e la Mole raggiungeva ormai i 90 metri. Interrompendo il motivo quadrato, sul tempietto fu aggiunta la cosiddetta Lanterna, un ulteriore colonnato a base circolare che portò l'intera struttura all'impressionante altezza di 113 metri: nel 1885 l'opera poteva dirsi conclusa.

Ma - come dicono - quando si sogna, occorre sognare in grande: la base circolare della lanterna offriva ancora spazio per poter collocare la Guglia, un ultimo stadio a sezione ottagonale munito di dieci terrazzini raggiungibili da un'angusta scala. Antonelli seguì personalmente il lavori - un novantenne avventurosamente issato da un rudimentale ascensore a decine di metri di altezza – e il suo sogno non si interruppe neppure con la morte, avvenuta nel 1888: il figlio Costanzo terminò i lavori e con la posa del Genio Alato – tre quintali di statua in rame sbalzato – il 10 aprile 1889 la Mole raggiunse la definitiva e sbalorditiva altezza di 167,5 metri.

Il colosso in cemento e mattoni non mancò di infrangere alcuni record del tempo: malgrado la Torre Eiffel – inaugurata solo dieci giorni prima – risultasse l'artefatto umano più alto al mondo, alla Mole spettò il record di edificio più alto, superato solo nel 1908 dal grattacielo Singer Building di New York. Il crollo della guglia nel 1953 – che schiantandosi al suolo sfiorò gli uffici Rai in cui lavorava Piero Angela – tolse alla Mole anche il primato di edificio in semplici mattoni più alto al mondo: la guglia fu infatti ricostruita in cemento armato e oggi questo primato spetta al Philadelphia City Hall, il municipio di Filadelfia.

Oggi la Mole antonelliana ospita la sede permanente del Museo Nazionale del Cinema di Torino: ricco di reperti e curiosità, testimonia concretamente la vocazione torinese per l'industria cinematografica. Fino al 1937, anno di inaugurazione di Cinecittà a Roma, Torino è difatti stata la capitale italiana del cinema: nelle le sue vie i fratelli Lumière proiettarono per la prima volta un film per il pubblico italiano e proprio negli studi torinesi fu realizzato nel 1914 uno dei primi colossal della storia del cinema, Cabiria.

Accanto ad antiche macchine cinematografiche, lanterne magiche e reperti di scena provenienti da vecchi set, l'interno del museo custodisce anche la statua del Genio Alato: abbattuta nel 1904 da un violento temporale rimase miracolosamente in bilico sulla cima della guglia, senza causare danni né feriti, al punto che qualcuno tuttora la considera la personificazione di Tauriel, l'angelo protettore di Torino. Chi non soffre di vertigini può infine concedersi un'emozionante corsa sul moderno ascensore collocato esattamente al centro della struttura: si tratta di una gabbia trasparente - mantenuta in posizione solo da funi metalliche - che consente di raggiungere la cima della cupola librandosi nel vuoto e, dall'alto del tempietto, ammirare un panorama sulla città decisamente unico.

La Corona di Delizie

Le costruzioni sabaude situate fuori città costituiscono la cosiddetta "Corona di Delizie", un sistema di maisons de plaisanceparchi, residenze reali e castelli - dove i Savoia amavano spostarsi per dedicarsi allo svago, al riposo, alle feste e alla caccia. Disposte a raggiera intorno a Torino, ambivano a rimarcare il ruolo centrale della capitale.

A una decina di chilometri dalla città, tra le più suggestive e conosciute residenze vi è la Reggia di Venaria, un complesso monumentale di 80mila metri quadrati e 60 ettari di giardini. La Fontana del Cervo è una delle più suggestive fontane al mondo: i suoi cento ugelli - alti fino a dodici metri - prendono vita ad orari regolari in occasione dell'emozionante spettacolo Teatro d'Acqua.

Proseguendo in una sorta di anello in senso antiorario si giunge al Castello di Rivoli, proprietà dei Savoia dal 1247 e prima sede della corte del ducato sabaudo. Subito colpisce la sua imponenza ma anche l’incompiutezza della costruzione, a metà tra castello e palazzo ducale, che crea una suggestiva linea di continuità tra passato e futuro. Oggi il castello è sede del Museo d’Arte Contemporanea; il complesso è arricchito dalla presenza della Manica Lunga, un edificio stretto e lungo destinato ad ospitare la pinacoteca ducale.

Una ventina di chilometri e si incontra la Palazzina di caccia di Stupinigi, residenza dedicata all'attività venatoria e alle feste. Oggi meritano la visita la scuderia settecentesca, la biblioteca, il salone centrale e gli appartamenti reali. Lungo il percorso si possono ammirare curiosità come gli esotici Gabinetti cinesi, il Salotto degli specchi e la Sala da gioco.

Continuando verso est, il Castello di Moncalieri svetta con la sua austera architettura dalla sommità del Monte Calvo a protezione di Moncalieri e a controllo della porta sud d’ingresso a Torino. Fu molto amato dalle donne di Casa Savoia, come la regina Maria Adelaide e le principesse Clotilde e Letizia. È stato riaperto al pubblico nel novembre 2017 dopo nove anni di chiusura a seguito di un incendio.

A chiudere simbolicamente il percorso ad anello troviamo la Villa della Regina, per secoli residenza di molte sovrane sabaude, a cui deve oggi il suo nome. Dotata di padiglioni aulici, grotte e giochi d’acqua nei giardini, secondo il progetto originale doveva diventare una sontuosa residenza di campagna circondata da vigneti. Nonostante il passare del tempo e i danneggiamenti dovuti ai bombardamenti della guerra, oggi è ancora possibile visitare - all’esterno della villa - l'unico esempio di vigneto urbano di Torino.

Anche le restanti residenze sabaude della Corona di Delizie - il Castello del Valentino, il Castello di Agliè, il Castello di Govone e diverse altre - si trovano nella cerchia ristretta al di fuori di Torino: meta di amate e bucoliche gite fuori porta, possono essere visitate anche in bicicletta grazie alla presenza di una ciclovia inaugurata nel 2011. La Corona di Delizie in Bicicletta è un percorso ciclabile di 90 chilometri che permette di visitare le Residenze Reali attraversando i parchi intorno alla città e che - come una sorta di tangenziale verde - consente di collegarsi ad altri itinerari ciclabili che dalla città si proiettano verso l’esterno: la ciclostrada della Val di Susa, le ciclabili del Parco fluviale del Po e quelle lungo la Stura di Lanzo.

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